Questo sarà l'ultimo o uno degli ultimi post di questo blog. Non significa che non toccherò più questo tema, ma solo che sto cambiando ambiente e modalità.
D'ora in poi tutti gli aggiornamenti di varia natura che ho curato si incontreranno nei gruppi di varia natura del mio Gazebo virtuale.
Venite a trovarmi li, e cioè all'indirizzo:
http://enniomartignago.ning.com/xn/detail/3254784:Comment:336?xg_source=activity
E partecipate ai lavori, solo quando c'è in quanto da qualche parte.
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Appunti di uno psicologo delle organizzazioni e psicoterapeuta tra la riconquista della fiducia e la difesa dell'etica.
01 dicembre 2009
16 ottobre 2009
Suicidi francesi: la cultura ha tempi lunghi
L'ondata di suicidi e tentati suicidi che sta affliggendo France Telecom e con essa la pragmaticamente coesa società francese non dà segno di interrompersi nonostante la fuoriuscita del vicepresidente tagliatore di teste e l'accordo sindacale.
La questione stupisce molti perché alle mentalità sbrigative dei manager viene fatto di pensare che, cancellata la causa, la malattia dovrebbe passare da sola.
La spiegazione della questione è duplice:
Sulla prima questione ci sarebbe molto, se non troppo, da dire; ma di tutti gli aspetti che si potrebbero tirare in ballo uno emerge chiaramente: la crisi di ruolo di quelli che un tempo venivano chiamati colletti bianchi e che oggi sempre più spesso vengono definiti manager. Negli USA - e non solo - si assite ad un diffuso rigetto del personale ad essere promosso a manager: alta responsabilità, forte esposizione a tutti i rischi, insostenibile pressione nervosa, ridotta vita sociale, disponibilità incondizionata verso aziende di cui non si comprende più il significato. Sono rimasti gli unici a dovere tutelare il funzionamento dell'impresa e a fare al contempo il boia (nei confronti dei dipendenti e della politica interna) e l'impiccato (questa va da sé). La deprofessionalizzazione e l'asservimento forzato e umiliato dei livelli intermedi crea una ferita narcisistica difficile da sanare e presto scompariranno in uno dei due modi possibili: per semplice estinzione; per cinismo strumentale (una nuova generazione di incompetenti incursori da rapina).
Sotto si trova una popolazione sofferente, ma che in qualche modo ha una coesione e una tutela sindacale e giuridica giustamente attenta a sé stessa; sopra un top management più che mai autoreferenziale che cade sempre in piedi, facendo gli interessi, oltre che della propria bulimica pancia, non più dell'impresa, quanto del sistema di potere e degli azionisti, e che, passando da un incarico all'altro, trattano ogni impresa come la stessa impresa.
È quello che Schumpeter intendeva quando sosteneva che sarebbe stato il governo dei top manager a fare affondare il sistema capitalistico basato sul profitto fine a se stesso.
Arrivando alla seconda questione dovremmo avere chiaro che l'impresa pone le fondamenta sulla propria cultura che rappresenta l'asset più importante su cui possa contare, seguito dal brand. La cultura di un'impresa è la sua riserva, la capacità di assorbire gli urti e reagire alle difficoltà improvvise. È paragonabile al sistema reticolo-endoteliale, le difese profonde, nel corpo umano, oppure alla personalità, a livello psicologico. Prima di intaccare questi livelli bisogna passare per le parti più superficiali e ignorare molti allarmi di sicurezza. Uno degli ultimi, l'ultima sottile pellicola, è il deterioramento del clima relazionale e dell'autostima identificativa. Recedere in questa fase è già impegnativo, ma quando si intacca la cultura soggiacente si è prossimi all'autodistruzione.
Ad autodistruggersi in France Telecom sono i livelli intermedi. Perché?
L'elemento evidente è l'estrema violenza anche raccapricciante delle azioni: come Mishima per protesta della perduta dignità nipponica, anche qui si assiste a harkiri, oltre a lanci dai cavalcavia, fino alle "semplici" impiccagioni. Sono gesti di estremo odio, dimostrazioni di disprezzo e manifestazioni di ingiustizia.
Perché, dunque, non possono venire espressi più esplicitamente?
La situazione richiama il concetto già incontrato altrove di double bind introdotto da Gregory Bateson e dal gruppo del Mental Research Institute di Palo Alto.
L'affermazione "Sii spontaneo!!!" è un doppio obbligo, quello dato dall'imperativo, cui bisogna obbedire, e quello del compito che è reso impossibile proprio dal carattere paradossale dell'imperativo.
Un po' come il bambino, spinto a dormire dai genitori che vogliono appartarsi privatamente con il messaggio "Vai a letto che sei stanco!", non può svelare il contenuto, ovvero il meccanismo che pure conosce, pena di contestare l'autorevolezza del messaggio, inimicandosi così i genitori, così gli intermedi non possono esprimere il loro pensiero, se non vogliono contraddire il mandato che hanno ricevuto e che li identifica senza neppure la speranza di essere ascoltati ad altro livello dove vengono visti per il ruolo che ricoprono e non per i contenuti che possono esprimere.
Lo schema è semplice se comprendiamo che la comunicazione ha uno statuto diverso dal comunicato, la notizia dall'informazione contenuta, il veicolo dal passeggero.
La situazione di doppio legame si verifica quando il primo livello contraddice il secondo nella stessa affermazione, all'interno di una situazione in cui questo paradosso non può essere manifestato, pena un conflitto che mette in serio pericolo i valori cui si sta aderendo e quindi la propria identità stessa.
Le ferite culturali in un'impresa quasi sempre generano tumori. La cura è difficile e quasi sempre è inevitabile la resezione chirurgica pur senza alcuna assicurazione di guarigione.
La nemesi delle vittime, come spiegano bene le Costellazioni Familiari di Hellinger, entrano nel patrimonio genetico e sono volontà mai spente di vendetta che attraversano le generazioni, fino ad un non sempre facile atto di perdono e di penitenza sociale.
Cfr. sempre qui: "Anomia, La doppia faccia del suicidio sociale"
La questione stupisce molti perché alle mentalità sbrigative dei manager viene fatto di pensare che, cancellata la causa, la malattia dovrebbe passare da sola.
La spiegazione della questione è duplice:
- la causa non solo non è stata cancellata, ma neppure compresa
- le ferite della cultura d'impresa richiedono molto tempo per crearsi, ma ancor più per rimarginarsi
Sulla prima questione ci sarebbe molto, se non troppo, da dire; ma di tutti gli aspetti che si potrebbero tirare in ballo uno emerge chiaramente: la crisi di ruolo di quelli che un tempo venivano chiamati colletti bianchi e che oggi sempre più spesso vengono definiti manager. Negli USA - e non solo - si assite ad un diffuso rigetto del personale ad essere promosso a manager: alta responsabilità, forte esposizione a tutti i rischi, insostenibile pressione nervosa, ridotta vita sociale, disponibilità incondizionata verso aziende di cui non si comprende più il significato. Sono rimasti gli unici a dovere tutelare il funzionamento dell'impresa e a fare al contempo il boia (nei confronti dei dipendenti e della politica interna) e l'impiccato (questa va da sé). La deprofessionalizzazione e l'asservimento forzato e umiliato dei livelli intermedi crea una ferita narcisistica difficile da sanare e presto scompariranno in uno dei due modi possibili: per semplice estinzione; per cinismo strumentale (una nuova generazione di incompetenti incursori da rapina).
Sotto si trova una popolazione sofferente, ma che in qualche modo ha una coesione e una tutela sindacale e giuridica giustamente attenta a sé stessa; sopra un top management più che mai autoreferenziale che cade sempre in piedi, facendo gli interessi, oltre che della propria bulimica pancia, non più dell'impresa, quanto del sistema di potere e degli azionisti, e che, passando da un incarico all'altro, trattano ogni impresa come la stessa impresa.
È quello che Schumpeter intendeva quando sosteneva che sarebbe stato il governo dei top manager a fare affondare il sistema capitalistico basato sul profitto fine a se stesso.
Arrivando alla seconda questione dovremmo avere chiaro che l'impresa pone le fondamenta sulla propria cultura che rappresenta l'asset più importante su cui possa contare, seguito dal brand. La cultura di un'impresa è la sua riserva, la capacità di assorbire gli urti e reagire alle difficoltà improvvise. È paragonabile al sistema reticolo-endoteliale, le difese profonde, nel corpo umano, oppure alla personalità, a livello psicologico. Prima di intaccare questi livelli bisogna passare per le parti più superficiali e ignorare molti allarmi di sicurezza. Uno degli ultimi, l'ultima sottile pellicola, è il deterioramento del clima relazionale e dell'autostima identificativa. Recedere in questa fase è già impegnativo, ma quando si intacca la cultura soggiacente si è prossimi all'autodistruzione.
Ad autodistruggersi in France Telecom sono i livelli intermedi. Perché?
L'elemento evidente è l'estrema violenza anche raccapricciante delle azioni: come Mishima per protesta della perduta dignità nipponica, anche qui si assiste a harkiri, oltre a lanci dai cavalcavia, fino alle "semplici" impiccagioni. Sono gesti di estremo odio, dimostrazioni di disprezzo e manifestazioni di ingiustizia.
Perché, dunque, non possono venire espressi più esplicitamente?
La situazione richiama il concetto già incontrato altrove di double bind introdotto da Gregory Bateson e dal gruppo del Mental Research Institute di Palo Alto.
L'affermazione "Sii spontaneo!!!" è un doppio obbligo, quello dato dall'imperativo, cui bisogna obbedire, e quello del compito che è reso impossibile proprio dal carattere paradossale dell'imperativo.
Un po' come il bambino, spinto a dormire dai genitori che vogliono appartarsi privatamente con il messaggio "Vai a letto che sei stanco!", non può svelare il contenuto, ovvero il meccanismo che pure conosce, pena di contestare l'autorevolezza del messaggio, inimicandosi così i genitori, così gli intermedi non possono esprimere il loro pensiero, se non vogliono contraddire il mandato che hanno ricevuto e che li identifica senza neppure la speranza di essere ascoltati ad altro livello dove vengono visti per il ruolo che ricoprono e non per i contenuti che possono esprimere.
Lo schema è semplice se comprendiamo che la comunicazione ha uno statuto diverso dal comunicato, la notizia dall'informazione contenuta, il veicolo dal passeggero.
La situazione di doppio legame si verifica quando il primo livello contraddice il secondo nella stessa affermazione, all'interno di una situazione in cui questo paradosso non può essere manifestato, pena un conflitto che mette in serio pericolo i valori cui si sta aderendo e quindi la propria identità stessa.
Le ferite culturali in un'impresa quasi sempre generano tumori. La cura è difficile e quasi sempre è inevitabile la resezione chirurgica pur senza alcuna assicurazione di guarigione.
La nemesi delle vittime, come spiegano bene le Costellazioni Familiari di Hellinger, entrano nel patrimonio genetico e sono volontà mai spente di vendetta che attraversano le generazioni, fino ad un non sempre facile atto di perdono e di penitenza sociale.
Cfr. sempre qui: "Anomia, La doppia faccia del suicidio sociale"
14 ottobre 2009
Panem et circenses
A cavallo dell’inizio secolo un grande esoterista, Rudolph Steiner, dopo aver curato la biblioteca di Goethe e di Nietzsche, ha battezzato la sua scienza dello spirito applicata “Antroposofia”.
Rispetto ad altri saperi esoterici, questo ha generato applicazioni concrete in moltissimi ambiti del sapere: dalla pedagogia (ispirò quella montessoriana), alla medicina (ancora oggi viene sempre più usata), all’alimentazione e l’agricoltura (l’alimentazione biodinamica fu insegnata da lui), all’arte, l’architettura, e così via. Alcuni anni fa un commentatore tutt’altro che spiritualista del Sole 24ore in un fondo sulle teorie macroeconomiche sostenne che l’unica a non venire smentita nel corso dei secoli è proprio quella di Steiner. Esiste un tratto comune in tutte queste applicazioni, ed è il modello della triarticolazione. Si tratta di una concezione originale tutt’altro che semplice da illustrarsi in poche righe. Diciamo che l’uomo (e non solo lui) ha bisogno di rappresentare ed essere rappresentato come articolato in 3 parti: 3 sono i corpi (quello fisico, quello eterico e quello astrale), 3 sono le fasi evolutive (l’incarnazione, la maturità e la disincarnazione), 3 le energie psichiche (volontà, empatia e astrazione) 3 le funzioni (sistema metabolico - assimilazione, sistema ritmico – respirazione/circolazione e sistema nervoso-sensoriale – consolidamento).
La tendenza dell’uomo storico è quella di fare scomparire un elemento – in genere quello centrale – della triarticolazione, essenzialmente per semplificazione, comodità, stupidità… Così fu durante il Concilio di Nicea quando lo spirito e l’anima vennero considerati sinonimi, così il modello borghese-idealista di Hegel e poi quello comunista Marx che si basavano sulla dialettica (il principio del 2-“dia”). Così nei modelli aziendali dell'impresa piatta che ha cercato di rimuovere le linee intermedie tra decisore ed esecutivo; l'età intermedia fra il vecchio e il neoassunto, la funzione intermedia fra economica e produttiva, il pensiero intermedio fra dato e agito, e così via. Così nell'attuale governance tra legge e cittadino.
Nelle conferenze del primo decennio del secolo scorso, Steiner spiegava che, a fronte delle più che giuste istanze di giustizia e rivalsa dello spirito popolare, la risposta marxiana era in tutto e per tutto speculare, ma proprio per questo strutturalmente identica a quella della borghesia e per questo avrebbe generato un modello complementarmente identico a quello del profitto capitalistico. Il dualismo può generare solo conflitto, dubbio e paralisi. Non per niente l’esegesi del termine “diavolo” si fonda sulla radice etimologica del “due” (diavolo significa essere originato dal doppio e quindi un “essere doppio”, falso per mancanza di autenticità – dell’unicità dell’ “uno” unico – di cui il 3 della triarticolazione è la manifestazione, il funzionamento dinamico).
Questo modello, non proprio semplicissimo da comprendere, risulta più chiaro se integrato nella rappresentazione che Steiner dà della figura cristica. Molto del suo pensiero si innesta in quello teosofico dell’800, rispetto al quale si differenzia soprattutto per l’inserimento della figura di Cristo che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli attirò più di ogni altro esoterismo l’ostilità della Chiesa cattolica, da sempre radicata sul 2.
La Storia sia per l’interpretazione dello Stato che per quella della Chiesa, è da sempre vista come fondata su due poteri: quello temporale (soldi e armi per soggiogare la libertà dei singoli) e quello spirituale (re-ligione come vincolo, legame che tiene uniti e al contempo schiavi). Una rappresentazione che ha un unico antagonista politico: il pensiero degli anarchici, contrari tanto allo Stato che alla Chiesa. Questo tipo di rappresentazione è una forma di prigionia proprio perché basata sul conflitto, sulla negazione e sull’illusione: “o con me o contro di me” che in realtà produce lo stesso risultato, quello dell’alternanza funzionale e complementare. Non è un caso che le Brigate Rosse avessero nel loro mirino, non tanto i "ricchi" quanto i contesti di mediazione, in maniera analoga a quello che fanno i potentati economici nei paesi poveri.
Dal punto di vista economico e politico la rimozione del terzo prende corpo in due principi apparentemente antitetici, ma intimamente complementari: il sistema del profitto (da non confondere con quello economico che è tutta un’altra cosa) e quello della norma – l’impresa e l’istituzione, la speculazione e la burocrazia.
Finché l’uomo si agiterà su questi binari sarà eternamente prigioniero dell’aspetto sociale del velo di Maya, della malia, del “panem et circenses” del tifo nel derby, dei nazionalismi, dell’intolleranza e dell’autoritarismo, nella speranza di un’evoluzione che afferma invece una paralisi di schiavitù.
In questo momento storico, mentre i paesi con una democrazia più matura stanno superando il dualismo politico con i governi di larga intesa, il nostro parlamento sta riaffermando il principio del due, ovvero l’illusione di un’alternativa. Questa è una tecnica nota nell’ipnosi per distogliere il paziente dalle sue attenzioni o dalle sue convinzioni, ma è sostanzialmente la stessa usata da illusionisti e truffatori quando ti fanno concentrare l’attenzione su un punto di interesse, mentre l’azione vera avviene in un altro luogo. Finché saremo costretti a tifare fra falsi fascisti e falsi comunisti, fra imprenditori e istitutori, fra il potere dei soldi e quello delle leggi, fra azione e regola, fra speculazione e burocrazia non potremo far altro che finire prigionieri del doppio, del diavolo, dell’illusione.
Per tornare a Steiner, egli sosteneva che il Cristo, al di là del personaggio storico, rappresentava il punto di incontro fra due istanze antitetiche, in quanto tali, diaboliche che egli chiamava il principio luciferico e quello arimanico (identificato con il Mefistofele del Faust di Goethe).
Il primo rappresenta l’ambizione di essere Dio, di superare la propria condizione storica e di ascendere alla divinità. Molto spiritualismo del nostro secolo si fonda su questa irrazionale presunzione che storicamente origina rigidità, autoritarismo, intolleranza, la stessa dei vari integralismi religiosi e delle violenze ideologiche. Il principio luciferico attira verso l’alto, alla negazione della vita e dell’incarnazione nella materia, al suicidio religioso, alla guerra santa o rivoluzionaria per la quale l’individuo non ha senso, è carne da cannone finalizzata alla causa o al principio: anche il marxismo e il leninismo condividono intimamente il detto di Hegel secondo il quale i campi concimati dal sangue dei morti nelle guerre tornano ad essere più fertili di prima.
Al contrario, quello arimanico tira verso il basso, verso la pancia, verso il possesso, verso il ritorno alla materia a discapito dei principi spirituali. Sembra paradossale quanto si somiglino le istanze borghesi con quelle socialiste: le prime inneggiano a valori spirituali e praticano il dominio materiale, i secondi il “materialismo” storico e praticano l’autoritarismo normativo. Gli integralisti si fanno forti dei capitali delle Borse capitalistiche che ringraziano, mentre le multinazionali dell’energia o degli alimenti sfruttano le instabilità politiche sudamericane e dei paesi poveri in genere. In realtà sono le due facce della stessa medaglia senza che una delle forze ostacoli sostanzialmente l’altra a patto di evitare un’ingerenza comunque impossibile. Come il sole e la luna, la notte e il giorno si alternano, l’uno non può mai stare del tutto (ma nel giorno esistono le ombre e nella notte la luna e le stelle) dentro l’altro, quando invece il regno dell’uomo è nell’alba e nel tramonto, la terra di mezzo dei miti e di Tolkien.
Questo sostanzialmente dice Steiner nelle conferenze sull’impulso di Michele (l’Arcangelo che è da intendere, diversamente dagli insegnamenti dell’ora di religione, come un impulso spirituale, un’energia e una coscienza archetipica universale) all’inizio del ‘900. Diversamente dall’archetipo luciferico, Michele si contrappone all’istanza arimanico, non per antitesi funzionale, ma per difesa e affermazione; laddove il primo nega la materia assoluta in funzione di un’ambizione divina assoluta, questo afferma l’amore e il rispetto per la materia fecondata dallo spirito che di essa si nutre ricambiandola con l’evoluzione. Nello stesso tempo egli è liberazione dal Samsara, illuminazione e Vuoto (shunyata), il "cammino di mezzo" tantrico, il tempo del Buddha Maitreya.
Steiner in quel periodo mostrava come la fine del ‘900 e l’inizio del 2000 sarebbero stati il momento in cui le energie arimaniche avrebbero toccato il loro culmine e avrebbero rischiato di distruggere la cultura umana, tentata dai due principi distruttivi opposti: seppellirsi con il furbo, bulimico e grasso "Mefistofele" o bruciare con il fiammeggiante, anoressico astenico "Lucifero". Solo l’impulso di Michele è in grado di arginare questo rischio. Steiner spiegava che lo spirito dell’uomo avrebbe percorso il cammino che porta negli Stati Uniti dove le radici celtiche di quel paese avrebbero dato origine a benessere materiale, scoperte scientifiche e invenzioni tecnologiche che avrebbero cambiato la faccia della terra e la qualità della vita fino a ridosso della metà del secolo. Superato questo apice la sinusoide avrebbe invertito la direzione iniziando a pagare lo scotto di quest’evoluzione in termini di impoverimento della Cultura umana – intesa in senso antropologico più che accademico. La conseguenza di questa perdita avrebbe corrisposto ad un allentamento della coesione sociale e, conseguentemente, al moltiplicarsi di contagi morbosi, di indebolimento delle difese e di epidemie.
Quando gli fu chiesto come immaginava si sarebbe verificato l’insediamento del “Re del Mondo” Arimane, presumibilmente lo stesso con cui si confrontò Gesù nel deserto, egli rispose che se lo immaginava sotto terra, intento ad una continua attività di calcolo (che similitudine con le nostre sale calcolo sempre più centralizzate e sfuggenti) per manipolare i destini dei popoli e degli uomini.
Non cadiamo troppo facilmente nelle sue illusioni di valori e di verità! Liberi dalle ghigliottine e dal “pane e giochi”.
Rispetto ad altri saperi esoterici, questo ha generato applicazioni concrete in moltissimi ambiti del sapere: dalla pedagogia (ispirò quella montessoriana), alla medicina (ancora oggi viene sempre più usata), all’alimentazione e l’agricoltura (l’alimentazione biodinamica fu insegnata da lui), all’arte, l’architettura, e così via. Alcuni anni fa un commentatore tutt’altro che spiritualista del Sole 24ore in un fondo sulle teorie macroeconomiche sostenne che l’unica a non venire smentita nel corso dei secoli è proprio quella di Steiner. Esiste un tratto comune in tutte queste applicazioni, ed è il modello della triarticolazione. Si tratta di una concezione originale tutt’altro che semplice da illustrarsi in poche righe. Diciamo che l’uomo (e non solo lui) ha bisogno di rappresentare ed essere rappresentato come articolato in 3 parti: 3 sono i corpi (quello fisico, quello eterico e quello astrale), 3 sono le fasi evolutive (l’incarnazione, la maturità e la disincarnazione), 3 le energie psichiche (volontà, empatia e astrazione) 3 le funzioni (sistema metabolico - assimilazione, sistema ritmico – respirazione/circolazione e sistema nervoso-sensoriale – consolidamento).
La tendenza dell’uomo storico è quella di fare scomparire un elemento – in genere quello centrale – della triarticolazione, essenzialmente per semplificazione, comodità, stupidità… Così fu durante il Concilio di Nicea quando lo spirito e l’anima vennero considerati sinonimi, così il modello borghese-idealista di Hegel e poi quello comunista Marx che si basavano sulla dialettica (il principio del 2-“dia”). Così nei modelli aziendali dell'impresa piatta che ha cercato di rimuovere le linee intermedie tra decisore ed esecutivo; l'età intermedia fra il vecchio e il neoassunto, la funzione intermedia fra economica e produttiva, il pensiero intermedio fra dato e agito, e così via. Così nell'attuale governance tra legge e cittadino.
Nelle conferenze del primo decennio del secolo scorso, Steiner spiegava che, a fronte delle più che giuste istanze di giustizia e rivalsa dello spirito popolare, la risposta marxiana era in tutto e per tutto speculare, ma proprio per questo strutturalmente identica a quella della borghesia e per questo avrebbe generato un modello complementarmente identico a quello del profitto capitalistico. Il dualismo può generare solo conflitto, dubbio e paralisi. Non per niente l’esegesi del termine “diavolo” si fonda sulla radice etimologica del “due” (diavolo significa essere originato dal doppio e quindi un “essere doppio”, falso per mancanza di autenticità – dell’unicità dell’ “uno” unico – di cui il 3 della triarticolazione è la manifestazione, il funzionamento dinamico).
Questo modello, non proprio semplicissimo da comprendere, risulta più chiaro se integrato nella rappresentazione che Steiner dà della figura cristica. Molto del suo pensiero si innesta in quello teosofico dell’800, rispetto al quale si differenzia soprattutto per l’inserimento della figura di Cristo che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli attirò più di ogni altro esoterismo l’ostilità della Chiesa cattolica, da sempre radicata sul 2.
La Storia sia per l’interpretazione dello Stato che per quella della Chiesa, è da sempre vista come fondata su due poteri: quello temporale (soldi e armi per soggiogare la libertà dei singoli) e quello spirituale (re-ligione come vincolo, legame che tiene uniti e al contempo schiavi). Una rappresentazione che ha un unico antagonista politico: il pensiero degli anarchici, contrari tanto allo Stato che alla Chiesa. Questo tipo di rappresentazione è una forma di prigionia proprio perché basata sul conflitto, sulla negazione e sull’illusione: “o con me o contro di me” che in realtà produce lo stesso risultato, quello dell’alternanza funzionale e complementare. Non è un caso che le Brigate Rosse avessero nel loro mirino, non tanto i "ricchi" quanto i contesti di mediazione, in maniera analoga a quello che fanno i potentati economici nei paesi poveri.
Dal punto di vista economico e politico la rimozione del terzo prende corpo in due principi apparentemente antitetici, ma intimamente complementari: il sistema del profitto (da non confondere con quello economico che è tutta un’altra cosa) e quello della norma – l’impresa e l’istituzione, la speculazione e la burocrazia.
Finché l’uomo si agiterà su questi binari sarà eternamente prigioniero dell’aspetto sociale del velo di Maya, della malia, del “panem et circenses” del tifo nel derby, dei nazionalismi, dell’intolleranza e dell’autoritarismo, nella speranza di un’evoluzione che afferma invece una paralisi di schiavitù.
In questo momento storico, mentre i paesi con una democrazia più matura stanno superando il dualismo politico con i governi di larga intesa, il nostro parlamento sta riaffermando il principio del due, ovvero l’illusione di un’alternativa. Questa è una tecnica nota nell’ipnosi per distogliere il paziente dalle sue attenzioni o dalle sue convinzioni, ma è sostanzialmente la stessa usata da illusionisti e truffatori quando ti fanno concentrare l’attenzione su un punto di interesse, mentre l’azione vera avviene in un altro luogo. Finché saremo costretti a tifare fra falsi fascisti e falsi comunisti, fra imprenditori e istitutori, fra il potere dei soldi e quello delle leggi, fra azione e regola, fra speculazione e burocrazia non potremo far altro che finire prigionieri del doppio, del diavolo, dell’illusione.
Per tornare a Steiner, egli sosteneva che il Cristo, al di là del personaggio storico, rappresentava il punto di incontro fra due istanze antitetiche, in quanto tali, diaboliche che egli chiamava il principio luciferico e quello arimanico (identificato con il Mefistofele del Faust di Goethe).
Il primo rappresenta l’ambizione di essere Dio, di superare la propria condizione storica e di ascendere alla divinità. Molto spiritualismo del nostro secolo si fonda su questa irrazionale presunzione che storicamente origina rigidità, autoritarismo, intolleranza, la stessa dei vari integralismi religiosi e delle violenze ideologiche. Il principio luciferico attira verso l’alto, alla negazione della vita e dell’incarnazione nella materia, al suicidio religioso, alla guerra santa o rivoluzionaria per la quale l’individuo non ha senso, è carne da cannone finalizzata alla causa o al principio: anche il marxismo e il leninismo condividono intimamente il detto di Hegel secondo il quale i campi concimati dal sangue dei morti nelle guerre tornano ad essere più fertili di prima.
Al contrario, quello arimanico tira verso il basso, verso la pancia, verso il possesso, verso il ritorno alla materia a discapito dei principi spirituali. Sembra paradossale quanto si somiglino le istanze borghesi con quelle socialiste: le prime inneggiano a valori spirituali e praticano il dominio materiale, i secondi il “materialismo” storico e praticano l’autoritarismo normativo. Gli integralisti si fanno forti dei capitali delle Borse capitalistiche che ringraziano, mentre le multinazionali dell’energia o degli alimenti sfruttano le instabilità politiche sudamericane e dei paesi poveri in genere. In realtà sono le due facce della stessa medaglia senza che una delle forze ostacoli sostanzialmente l’altra a patto di evitare un’ingerenza comunque impossibile. Come il sole e la luna, la notte e il giorno si alternano, l’uno non può mai stare del tutto (ma nel giorno esistono le ombre e nella notte la luna e le stelle) dentro l’altro, quando invece il regno dell’uomo è nell’alba e nel tramonto, la terra di mezzo dei miti e di Tolkien.
Questo sostanzialmente dice Steiner nelle conferenze sull’impulso di Michele (l’Arcangelo che è da intendere, diversamente dagli insegnamenti dell’ora di religione, come un impulso spirituale, un’energia e una coscienza archetipica universale) all’inizio del ‘900. Diversamente dall’archetipo luciferico, Michele si contrappone all’istanza arimanico, non per antitesi funzionale, ma per difesa e affermazione; laddove il primo nega la materia assoluta in funzione di un’ambizione divina assoluta, questo afferma l’amore e il rispetto per la materia fecondata dallo spirito che di essa si nutre ricambiandola con l’evoluzione. Nello stesso tempo egli è liberazione dal Samsara, illuminazione e Vuoto (shunyata), il "cammino di mezzo" tantrico, il tempo del Buddha Maitreya.
Steiner in quel periodo mostrava come la fine del ‘900 e l’inizio del 2000 sarebbero stati il momento in cui le energie arimaniche avrebbero toccato il loro culmine e avrebbero rischiato di distruggere la cultura umana, tentata dai due principi distruttivi opposti: seppellirsi con il furbo, bulimico e grasso "Mefistofele" o bruciare con il fiammeggiante, anoressico astenico "Lucifero". Solo l’impulso di Michele è in grado di arginare questo rischio. Steiner spiegava che lo spirito dell’uomo avrebbe percorso il cammino che porta negli Stati Uniti dove le radici celtiche di quel paese avrebbero dato origine a benessere materiale, scoperte scientifiche e invenzioni tecnologiche che avrebbero cambiato la faccia della terra e la qualità della vita fino a ridosso della metà del secolo. Superato questo apice la sinusoide avrebbe invertito la direzione iniziando a pagare lo scotto di quest’evoluzione in termini di impoverimento della Cultura umana – intesa in senso antropologico più che accademico. La conseguenza di questa perdita avrebbe corrisposto ad un allentamento della coesione sociale e, conseguentemente, al moltiplicarsi di contagi morbosi, di indebolimento delle difese e di epidemie.
Quando gli fu chiesto come immaginava si sarebbe verificato l’insediamento del “Re del Mondo” Arimane, presumibilmente lo stesso con cui si confrontò Gesù nel deserto, egli rispose che se lo immaginava sotto terra, intento ad una continua attività di calcolo (che similitudine con le nostre sale calcolo sempre più centralizzate e sfuggenti) per manipolare i destini dei popoli e degli uomini.
Non cadiamo troppo facilmente nelle sue illusioni di valori e di verità! Liberi dalle ghigliottine e dal “pane e giochi”.
29 maggio 2009
Brunetta fa la fortuna della telefonia dati
Non so se corrisponda all’idea del dipendente efficiente e innovativo, ma dal momento che il Salvatore del cittadino, il ministro Brunetta, dopo aver suggerito di distribuire Computer giocattoli nelle scuole, ieri ha indicato nella eliminazione degli accessi a internet ai dipendenti l’ultimo grido dell’efficientamento della pubblica amministrazione.
Dal momento che questi potrebbero per legge sedersi in braccio ai loro manager per esigere che vengano loro affidate delle attività coerenti con le loro mansioni e ruoli e visto che questi non saranno spesso in grado, nè di essere all’altezza delle competenze da guidare, nè di procurare il materiale tecnico e informativo che, da quando non c’è più formazione nè documentazione adeguata, proprio i meno fannulloni hanno imparato loro malgrado ad attingere da un internet che ha loro permesso spesso di apprendere delle nuove tecnologie che nessun boiardo foraggiatore di indotti partitocratici ha loro fornito, costoro si arrangeranno alla faccia di tutti i vice-premi Nobel.
Ovvero, si procureranno degli iPhone o i nuovi Palm Pre che si mascherano molto meglio dei netbook che Brunetta vuole passare alle scuole. E, se vodafone che ha in mano iPhone, HTC-android e probabilmente anche Palm Pre, o Tre che promette condizioni stracciare per commercializzare il loro prossimo iPhone fossero così lungimiranti da offrire convenzioni convenienti per i dipendenti della PA che non vorranno sedersi sulle ginocchia dei loro manager, sono pressoché sicuri grandi affari, sui consumi molto più che sui cellulari.
Questo perché, quando i fannulloni intraprendenti che coprono le spalle dei loro ossequiosi incompetenti burocrati smetteranno di collegarsi ad Internet per lavoro, lo faranno per il loro godimento invece che per la professionalità, potendosi facilmente permettere sia dispositivo che abbonamento, quando serve a non strangolarsi la giornata.
Grazie, ministro Brunetta: gli efficienti si daranno ai videogiochi, gli inutili bestemmieranno sullo sport foraggiato anche dal suo presidente del consiglio e le signore sfoglieranno il giornale del grande fratello, i loro capi continueranno a insalivarle le nobili natiche con un’efficienza superiore a quella di Vespa e Fede messi assieme.
Lei si sentirà gratificato, Apple, Palm, HTC, Vodafone, Tre e tutti gli altri felici dei nuovi affari e noi senza neppure l’appoggio dei pochi competenti definitivamente omologati al rango dei loro manager, finiremo cornuti e mazziati.
– Postato con BlogPress dal mio iPod Touch
Dal momento che questi potrebbero per legge sedersi in braccio ai loro manager per esigere che vengano loro affidate delle attività coerenti con le loro mansioni e ruoli e visto che questi non saranno spesso in grado, nè di essere all’altezza delle competenze da guidare, nè di procurare il materiale tecnico e informativo che, da quando non c’è più formazione nè documentazione adeguata, proprio i meno fannulloni hanno imparato loro malgrado ad attingere da un internet che ha loro permesso spesso di apprendere delle nuove tecnologie che nessun boiardo foraggiatore di indotti partitocratici ha loro fornito, costoro si arrangeranno alla faccia di tutti i vice-premi Nobel.
Ovvero, si procureranno degli iPhone o i nuovi Palm Pre che si mascherano molto meglio dei netbook che Brunetta vuole passare alle scuole. E, se vodafone che ha in mano iPhone, HTC-android e probabilmente anche Palm Pre, o Tre che promette condizioni stracciare per commercializzare il loro prossimo iPhone fossero così lungimiranti da offrire convenzioni convenienti per i dipendenti della PA che non vorranno sedersi sulle ginocchia dei loro manager, sono pressoché sicuri grandi affari, sui consumi molto più che sui cellulari.
Questo perché, quando i fannulloni intraprendenti che coprono le spalle dei loro ossequiosi incompetenti burocrati smetteranno di collegarsi ad Internet per lavoro, lo faranno per il loro godimento invece che per la professionalità, potendosi facilmente permettere sia dispositivo che abbonamento, quando serve a non strangolarsi la giornata.
Grazie, ministro Brunetta: gli efficienti si daranno ai videogiochi, gli inutili bestemmieranno sullo sport foraggiato anche dal suo presidente del consiglio e le signore sfoglieranno il giornale del grande fratello, i loro capi continueranno a insalivarle le nobili natiche con un’efficienza superiore a quella di Vespa e Fede messi assieme.
Lei si sentirà gratificato, Apple, Palm, HTC, Vodafone, Tre e tutti gli altri felici dei nuovi affari e noi senza neppure l’appoggio dei pochi competenti definitivamente omologati al rango dei loro manager, finiremo cornuti e mazziati.
– Postato con BlogPress dal mio iPod Touch
14 maggio 2009
La beffa dei Mobility Manager
Che gli italiani non vadano a braccetto con le nuove tecnologie è risaputo da sempre: siamo sempre stati un paese di zapaterra e faccendieri. Magari facciamo bei vestiti e orologi di lusso, ma sull'innovazione siamo il fanalino di coda. L'Europa infatti può essere divisa in paesi con un basso o alto consolidato di innovazione e con un alto o basso fattore di crescita tecnologica. In genere chi ha già molta tecnologia non ha bisogno di crescere, diversamente da quanto avviene per quelli che ne hanno poca. Noi ci distinguiamo per essere pressoché gli unici ad averne poca ma a crescere ancora meno.
Tuttavia siamo molto bravi a scimmiottare gli altri. Così ci sono paesi che una politica di mobilità non hanno bisogno di farla perché l'hanno già nei geni. Altri che la gestiscono con spirito di efficienza. Per gli italiani basta apparire "come se" lo si fosse.
Così il ministro Brunetta, che in fondo dava meno fastidio se gli avessero dato il Nobel, dice che la PA si sta svecchiando, non premiando chi innova, ma sgridando chi non aderisce all'inutilità assunta a vessillo dalla politica manageriale, e suggerisce anche alle scuole di adottare un computer natalizio come purga per i giovani studenti ben più aggiornati di Brunetta e che quindi lo cestineranno assieme agli aborti dei progetti di rete didattica senza la quale a che serve il computer. Tutto questo mentre in USA le scuole adottano iPod Touch e iPhone per accedere ai materiali didattici push (e da noi se si crede di sapere cosa sono al massimo si pensa si tratti di Walkman di lusso).
In tutta questa arretratezza che accomuna le PA alle imprese che si affidano ai soliti vecchi monopolisti (i nomi non sono più di 10 e i costi superiori al bilancio delle imprese stesse), i sindacati più che riempirsi la bocca dell'abusato e stereotipato termine di "politico" non sanno fare. Come tutti gli altri, sono pieni di siti di facciata e telefoni VoIP che gli hanno venduto i soliti americani sostenuti da un qualche monopolista, ma quando si tratta di scegliere degli indirizzi più che copia-incolla non sanno fare.
E il copia-incolla lo hanno fatto anche le pubbliche amministrazioni con questa bella pensata del Mobility Manager.
Che cosa significa? Che alcuni svogliati aiutanti degli assessori si sarebbero accordati con dei distratti e conformisti gestori aziendali per favorire con offerte in grado di abortire prima di nascere una certa ecologia dello spostamento urbano, ovviamente soprattutto per ragioni di lavoro.
Vediamo alcuni di questi innovativi e geniali progetti sottratti dall'effetto che può ingenerare l'anglismo con cui vengono battezzati:
- mettiamoci d'accordo e viaggiamo tutti con una macchina sola, come se potendo uno non si sarebbe già arrangiato
- facciamo un pullman aziendale che in mezza giornata carica tutti in giro per la città e i dintorni
- facciamo lo sconto a chi compra la bici per andare a lavorare, così facilitiamo la riduzione del personale nelle aziende (dove non può la ruota riescono i fumi)
- facciamo lo sconto per usare i mezzi pubblici, che, a parte nelle solite due città e qualche capoluogo di provincia padano, sono notoriamente pochi, lenti, mal frequentati, anti-igienici e insicuri - meglio il monopattino!)
- usiamo le auto in affitto, magari elettriche: ce ne sono giusto qualche decina in qualche angolo della città dove magari abita un parente del giaguaro, più scomodo da raggiungere che non lo stesso posto di lavoro.
In compenso le sedi si allontanano dal centro urbano e il lavoro si informatizza sempre di più.
La prima condizione rende quasi del tutto inutili le prime proposte, mentre la seconda dovrebbe suggerire altre idee che però non vengono a nessuno.
Ovviamente stiamo parlando di telelavoro. Una soluzione di cui si sono riempiti la bocca tutti, le aziende, le amministrazioni pubbliche e i sindacati facendo a gara - tutta italiana - a chi appare di più.
Tanto appaiono quanto meno ne sanno e meno che mai hanno idea di come gestirlo. Sanno solo che la UE ha deliberato da quasi un decennio che si avanzassero programmi atti a favorire l'ambiente di lavoro remoto supportato da computer. E allora noi facciamo a gara a chi è più europeo. A quel punto, a parte farsi belli con le parole, bisognerebbe anche fare.
È a questo punto che le amministrazioni tacciono perché non ne sanno niente e vengono silenziate dai loro corrispondenti aziendali e sindacali. Essendo i primi replicanti normativi di cerimoniali arcaici cui partecipano i secondi, entrambi alla ricerca di vantaggi secondari con poco sforzo. Si domandano, i primi, "ma se non ce li ho qui, chi comando e a quel punto perché mi dovrebbero pagare da manager? magari mi tocca anche imparare a farlo, il manager…" e i secondi: "ma poi chi rappresento? come faccio a fare pesare gli iscritti? dovrei magari pensare a come rappresentare gli interessi dei lavoratori con mezzi che non conosco? e la politica poi dove la faccio, come e con chi?"
Questa è la burla dei mobility manager, da sfruttare se si ha bisogno di comprare una bicicletta che costi meno di 700 euro, se si vuole pagare di meno lo stesso pullman che comunque si sta già prendendo da anni e se si abita sopra il parcheggio delle city car.
Dormite tutti sonni tranquilli gestori delle apparenze che in questa crisi della sostanza nessuno si accorgerà di voi e in questa Italia, occhio non vede pancia non duole!
Tuttavia siamo molto bravi a scimmiottare gli altri. Così ci sono paesi che una politica di mobilità non hanno bisogno di farla perché l'hanno già nei geni. Altri che la gestiscono con spirito di efficienza. Per gli italiani basta apparire "come se" lo si fosse.
Così il ministro Brunetta, che in fondo dava meno fastidio se gli avessero dato il Nobel, dice che la PA si sta svecchiando, non premiando chi innova, ma sgridando chi non aderisce all'inutilità assunta a vessillo dalla politica manageriale, e suggerisce anche alle scuole di adottare un computer natalizio come purga per i giovani studenti ben più aggiornati di Brunetta e che quindi lo cestineranno assieme agli aborti dei progetti di rete didattica senza la quale a che serve il computer. Tutto questo mentre in USA le scuole adottano iPod Touch e iPhone per accedere ai materiali didattici push (e da noi se si crede di sapere cosa sono al massimo si pensa si tratti di Walkman di lusso).
In tutta questa arretratezza che accomuna le PA alle imprese che si affidano ai soliti vecchi monopolisti (i nomi non sono più di 10 e i costi superiori al bilancio delle imprese stesse), i sindacati più che riempirsi la bocca dell'abusato e stereotipato termine di "politico" non sanno fare. Come tutti gli altri, sono pieni di siti di facciata e telefoni VoIP che gli hanno venduto i soliti americani sostenuti da un qualche monopolista, ma quando si tratta di scegliere degli indirizzi più che copia-incolla non sanno fare.
E il copia-incolla lo hanno fatto anche le pubbliche amministrazioni con questa bella pensata del Mobility Manager.
Che cosa significa? Che alcuni svogliati aiutanti degli assessori si sarebbero accordati con dei distratti e conformisti gestori aziendali per favorire con offerte in grado di abortire prima di nascere una certa ecologia dello spostamento urbano, ovviamente soprattutto per ragioni di lavoro.
Vediamo alcuni di questi innovativi e geniali progetti sottratti dall'effetto che può ingenerare l'anglismo con cui vengono battezzati:
- mettiamoci d'accordo e viaggiamo tutti con una macchina sola, come se potendo uno non si sarebbe già arrangiato
- facciamo un pullman aziendale che in mezza giornata carica tutti in giro per la città e i dintorni
- facciamo lo sconto a chi compra la bici per andare a lavorare, così facilitiamo la riduzione del personale nelle aziende (dove non può la ruota riescono i fumi)
- facciamo lo sconto per usare i mezzi pubblici, che, a parte nelle solite due città e qualche capoluogo di provincia padano, sono notoriamente pochi, lenti, mal frequentati, anti-igienici e insicuri - meglio il monopattino!)
- usiamo le auto in affitto, magari elettriche: ce ne sono giusto qualche decina in qualche angolo della città dove magari abita un parente del giaguaro, più scomodo da raggiungere che non lo stesso posto di lavoro.
In compenso le sedi si allontanano dal centro urbano e il lavoro si informatizza sempre di più.
La prima condizione rende quasi del tutto inutili le prime proposte, mentre la seconda dovrebbe suggerire altre idee che però non vengono a nessuno.
Ovviamente stiamo parlando di telelavoro. Una soluzione di cui si sono riempiti la bocca tutti, le aziende, le amministrazioni pubbliche e i sindacati facendo a gara - tutta italiana - a chi appare di più.
Tanto appaiono quanto meno ne sanno e meno che mai hanno idea di come gestirlo. Sanno solo che la UE ha deliberato da quasi un decennio che si avanzassero programmi atti a favorire l'ambiente di lavoro remoto supportato da computer. E allora noi facciamo a gara a chi è più europeo. A quel punto, a parte farsi belli con le parole, bisognerebbe anche fare.
È a questo punto che le amministrazioni tacciono perché non ne sanno niente e vengono silenziate dai loro corrispondenti aziendali e sindacali. Essendo i primi replicanti normativi di cerimoniali arcaici cui partecipano i secondi, entrambi alla ricerca di vantaggi secondari con poco sforzo. Si domandano, i primi, "ma se non ce li ho qui, chi comando e a quel punto perché mi dovrebbero pagare da manager? magari mi tocca anche imparare a farlo, il manager…" e i secondi: "ma poi chi rappresento? come faccio a fare pesare gli iscritti? dovrei magari pensare a come rappresentare gli interessi dei lavoratori con mezzi che non conosco? e la politica poi dove la faccio, come e con chi?"
Questa è la burla dei mobility manager, da sfruttare se si ha bisogno di comprare una bicicletta che costi meno di 700 euro, se si vuole pagare di meno lo stesso pullman che comunque si sta già prendendo da anni e se si abita sopra il parcheggio delle city car.
Dormite tutti sonni tranquilli gestori delle apparenze che in questa crisi della sostanza nessuno si accorgerà di voi e in questa Italia, occhio non vede pancia non duole!
09 febbraio 2009
L'etica delle crisi
Si sa ma non si dice che, durante i grandi cataclismi, per ogni cento sfortunati che perdono tutto ce n'è almeno uno che costruisce la propria fortuna. È stato questo il caso di molti terremoti, dal Belice al Friuli.
Un fenomeno simile si verifica durante le crisi economiche, compreso quella terribile di Wall Street del '29.
Canetti racconta di quel sovrano che, avendo raggiunto un potere assoluto, cominciava a sospettare che sempre più persone tramassero nei propri confronti. Dopo avere giustiziato il giustiziabile, decise di tagliare la testa al toro e di fare evacuare completamente la città sparando fuori a cannonate gli irriducibili, fino a potere contemplare i tetti della città privi di alcun segno di vita. Considerazioni simili a quelle del Generale Kurtz nel meraviglioso monologo di Marlon Brando alla fine di Apocalypse Now.
Homo homini lupus, sentenziava Hobbes, per il quale l'unico vero deterrente all'autodistruzione sarebbe il contratto sociale che, lungi dal mutare la natura della specie, realizzerebbe una tregua continuativa.
Non tutti la pensano così. L'altro lato della medaglia sostiene che la solidarietà sia alla base dello sviluppo civile che si regge sul reciproco operato, ovvero il lavoro e la creatività inventiva umana. La cultura contro la natura.
Non appartiene certo a questo filone la logica economica che basa tutto sulle leggi giusnaturalistiche del mercato.
È vero che il mercato segue un principio automatico di natura, la legge dell'adattamento meccanico fra domanda ed offerta, ma è anche vero che le leggi di natura sono del tutto sfavorevoli alla civiltà della nostra razza e a tutto ciò che noi riteniamo abbia valore. E i soldi non ne hanno in se stessi, ma caso mai in quello che consentono di fare, ma questo non dipende dalle leggi di mercato. La città costruita in mezzo alla foresta tropicale dopo avere raso al suolo la vegetazione circostante, non appena verrà abbandonata dall'uomo finirà in breve tempo divelta e seppellita dalla vegetazione che si riprenderà il mal tolto.
Per molte popolazioni la caccia non era altro che la vittoria sulla paura che scaturiva dalle mille minacce che la natura serbava per l'uomo. Impauriti, intimoriti nelle loro grotte erano gli scimpanzé di 2001 Odissea nell spazio. La paura è l'emozione archetipica della condizione umana e la civiltà rappresenta l'ultimo vero baluardo nei suoi confronti che le leggi di mercato vorrebbero distruggere a favore di una condizione ecologica di azzeramento e di distruzione della volontà e del libero arbitrio.
Diceva Gargani che il pensiero e quindi il sapere "è una paura che si è data un metodo". Anche l'economia dovrebbe esserlo.
La concentrazione del potere e delle risorse su un numero sempre inferiore di persone, gradualmente porterà a quell'anticamera di morte spaventata descritta da Canetti.
Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. Questa legge indiscutibile, che per molti ha un retrogusto pessimista, letta nell'altro senso ha un valore senza pari: non c'è bisogno di essere indispensabili, ma è molto importante rendersi tutti utili per quello che si è in grado di fare. Credere il contrario è pura follia e morte della specie.
Questo è il caso della crisi attuale. Giornali, telegiornali, amici, colleghi… non passa giorno che tutti ci si ricordi reciprocamente che c'è la crisi e che bisogna rassegnarsi. C'è poco da fare!
Gridare alla crisi ha quindi l'indubbia utilità di legittimare quanto di peggio potrà accadere senza trovare resistenza, perché si tratta di un'informazione condivisa nell'Universo Simbolico (come avrebbero detto Berger e Luckman) a cui apparteniamo. Tutti dicono che c'è la crisi e quindi la crisi è vera e non ci si può fare nulla. Durerà per anni e anni e prima o poi colpirà anche me.
Tutto ciò legittima le imprese, che pure contemporaneamente attingono al patrimonio di tutti e soprattutto delle generazioni future, ad adottare ristrutturazioni preventive. Ovvero, i soldi li guadagno e anche tanti, ma se approfitto del fatto che tutti credono nella crisi, potrò licenziare, abbassare gli stipendi, terziarizzare, speculare, chiudere le country e ricattare il consumatore, evadere le tasse e quant'altro, senza che nessuno abbia da eccepire o da chiedermi conto delle mie azioni, perché - si sa - c'è la crisi!!! Così ragiona la maggioranza, da Microsoft a FIAT, passando per banche e manager, come quelli che in USA protestano perché Obama pone la condizione che, se appartengono a quanti ricevono le sovvenzioni statali, non devono percepire stipendi superiori ai 500 mila dollari!!!
Come dar loro torto, c'è la crisi, è vero, ma per i manager USA c'è il libero mercato.
Uno di questi in un qualsiasi paese del libero mercato pose ad un suo collaboratore la domanda se, da pater familias, lui avrebbe pagato per l'operato di uno come lui, specie in un periodo di crisi come questo. L'altro rispose di sì. Avrebbe anche potuto rispondere di no, ma allora prima di licenziare lui, avrebbe dovuto licenziare tutti i suoi capi, la cui attività sta nel coordinare gente che non c'è più, lavoro che non si fa più e che, anche se si facesse ancora, sarebbe più facile ed economico da autogestire. In più, quanto più si sale di gerarchia meno si sa lavorare (essendo l'unico talento quello di fare girare i soldi nel modo stesso che ha provocato la crisi e le perdite dell'azienda a fronte della decadenza del lavoro) e più si costa per fare male.
Allora il capo ribatté che, ragionando così l'azienda sarebbe rimasta senza capi, senza top manager, senza amministratore delegato, senza presidente… L'altro rispose, parafrasando Gaber, "un'azienda senza niente è più leggera!" Non è forse questo quello che contrabbandate? Nessuno è indispensabile".
"Ma in questo modo non esisterebbe più l'azienda, ribatté il manager, e neppure i suoi dipendenti."
"Neppure l'azienda è indispensabile. Ce ne saranno altre pronte a fare il suo lavoro. E, se anche così non fosse, l'uomo potrebbe vivere in qualche modo comunque. E se anche così non fosse, gli uomini potrebbero morire, la specie intera estinguersi. Neppure la specie è indispensabile. Neppure i tuoi figli lo sono."
"Ma dove li metti gli azionisti e la legalità, dove la metti?"
"Pochi secoli fa non esisteva la borsa e, andando un po' più in là, neppure la legge. Per vivere o per uccidere non serve tutto ciò".
"Ma tu ragioni come un nihilista, come un terrorista!"
"Già, è vero, siamo in uno stato in cui in nome del terrorismo si possono intercettare le telefonate e fare ben di peggio, mentre nei confronti di chi truffa, chi evade, chi riduce alla miseria le persone per aumentare la propria già smisurata ricchezza non si può fare nulla. Anche se il terrorismo può avere ucciso qualche centinaio di persone, mentre la disonestà legalizzata ne ha uccise a milioni."
E quindi il collaboratore terminò: "No, guarda, io penso proprio che uno come me o come un altro lo pagherei e pagherei il lavoro fino a che non mi restassero altro che i soldi per campare, perché con l'operosità di tutti, non solo io, ma soprattutto i miei figli vivrebbero meglio, mentre con quattro lire o quattro mila miliardi in un paradiso fiscale avrei merda in cambio di distruzione.
"Forse tu non la pensi così, ma non sarai tu quello che assiste all'esodo dalla città verso la miseria e la morte. Se comunque pure dovessi essere tu quello, da quel momento in poi potresti non avere altro da fare che metterti uno specchio davanti al letto per guardarti ogni giorno diventare sempre più vecchio e infine assistere alla tua morte senza neppure chi ti somministri la morfina per non soffrire. Dopo di te, finalmente un sereno nulla darwiniano"
Nessuno è indispensabile!!!
(oppure tutti possiamo essere utili: non c'è una verità - solo una scelta e una volontà!)
Un fenomeno simile si verifica durante le crisi economiche, compreso quella terribile di Wall Street del '29.
Canetti racconta di quel sovrano che, avendo raggiunto un potere assoluto, cominciava a sospettare che sempre più persone tramassero nei propri confronti. Dopo avere giustiziato il giustiziabile, decise di tagliare la testa al toro e di fare evacuare completamente la città sparando fuori a cannonate gli irriducibili, fino a potere contemplare i tetti della città privi di alcun segno di vita. Considerazioni simili a quelle del Generale Kurtz nel meraviglioso monologo di Marlon Brando alla fine di Apocalypse Now.
Homo homini lupus, sentenziava Hobbes, per il quale l'unico vero deterrente all'autodistruzione sarebbe il contratto sociale che, lungi dal mutare la natura della specie, realizzerebbe una tregua continuativa.
Non tutti la pensano così. L'altro lato della medaglia sostiene che la solidarietà sia alla base dello sviluppo civile che si regge sul reciproco operato, ovvero il lavoro e la creatività inventiva umana. La cultura contro la natura.
Non appartiene certo a questo filone la logica economica che basa tutto sulle leggi giusnaturalistiche del mercato.
È vero che il mercato segue un principio automatico di natura, la legge dell'adattamento meccanico fra domanda ed offerta, ma è anche vero che le leggi di natura sono del tutto sfavorevoli alla civiltà della nostra razza e a tutto ciò che noi riteniamo abbia valore. E i soldi non ne hanno in se stessi, ma caso mai in quello che consentono di fare, ma questo non dipende dalle leggi di mercato. La città costruita in mezzo alla foresta tropicale dopo avere raso al suolo la vegetazione circostante, non appena verrà abbandonata dall'uomo finirà in breve tempo divelta e seppellita dalla vegetazione che si riprenderà il mal tolto.
Per molte popolazioni la caccia non era altro che la vittoria sulla paura che scaturiva dalle mille minacce che la natura serbava per l'uomo. Impauriti, intimoriti nelle loro grotte erano gli scimpanzé di 2001 Odissea nell spazio. La paura è l'emozione archetipica della condizione umana e la civiltà rappresenta l'ultimo vero baluardo nei suoi confronti che le leggi di mercato vorrebbero distruggere a favore di una condizione ecologica di azzeramento e di distruzione della volontà e del libero arbitrio.
Diceva Gargani che il pensiero e quindi il sapere "è una paura che si è data un metodo". Anche l'economia dovrebbe esserlo.
La concentrazione del potere e delle risorse su un numero sempre inferiore di persone, gradualmente porterà a quell'anticamera di morte spaventata descritta da Canetti.
Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. Questa legge indiscutibile, che per molti ha un retrogusto pessimista, letta nell'altro senso ha un valore senza pari: non c'è bisogno di essere indispensabili, ma è molto importante rendersi tutti utili per quello che si è in grado di fare. Credere il contrario è pura follia e morte della specie.
Questo è il caso della crisi attuale. Giornali, telegiornali, amici, colleghi… non passa giorno che tutti ci si ricordi reciprocamente che c'è la crisi e che bisogna rassegnarsi. C'è poco da fare!
Gridare alla crisi ha quindi l'indubbia utilità di legittimare quanto di peggio potrà accadere senza trovare resistenza, perché si tratta di un'informazione condivisa nell'Universo Simbolico (come avrebbero detto Berger e Luckman) a cui apparteniamo. Tutti dicono che c'è la crisi e quindi la crisi è vera e non ci si può fare nulla. Durerà per anni e anni e prima o poi colpirà anche me.
Tutto ciò legittima le imprese, che pure contemporaneamente attingono al patrimonio di tutti e soprattutto delle generazioni future, ad adottare ristrutturazioni preventive. Ovvero, i soldi li guadagno e anche tanti, ma se approfitto del fatto che tutti credono nella crisi, potrò licenziare, abbassare gli stipendi, terziarizzare, speculare, chiudere le country e ricattare il consumatore, evadere le tasse e quant'altro, senza che nessuno abbia da eccepire o da chiedermi conto delle mie azioni, perché - si sa - c'è la crisi!!! Così ragiona la maggioranza, da Microsoft a FIAT, passando per banche e manager, come quelli che in USA protestano perché Obama pone la condizione che, se appartengono a quanti ricevono le sovvenzioni statali, non devono percepire stipendi superiori ai 500 mila dollari!!!
Come dar loro torto, c'è la crisi, è vero, ma per i manager USA c'è il libero mercato.
Uno di questi in un qualsiasi paese del libero mercato pose ad un suo collaboratore la domanda se, da pater familias, lui avrebbe pagato per l'operato di uno come lui, specie in un periodo di crisi come questo. L'altro rispose di sì. Avrebbe anche potuto rispondere di no, ma allora prima di licenziare lui, avrebbe dovuto licenziare tutti i suoi capi, la cui attività sta nel coordinare gente che non c'è più, lavoro che non si fa più e che, anche se si facesse ancora, sarebbe più facile ed economico da autogestire. In più, quanto più si sale di gerarchia meno si sa lavorare (essendo l'unico talento quello di fare girare i soldi nel modo stesso che ha provocato la crisi e le perdite dell'azienda a fronte della decadenza del lavoro) e più si costa per fare male.
Allora il capo ribatté che, ragionando così l'azienda sarebbe rimasta senza capi, senza top manager, senza amministratore delegato, senza presidente… L'altro rispose, parafrasando Gaber, "un'azienda senza niente è più leggera!" Non è forse questo quello che contrabbandate? Nessuno è indispensabile".
"Ma in questo modo non esisterebbe più l'azienda, ribatté il manager, e neppure i suoi dipendenti."
"Neppure l'azienda è indispensabile. Ce ne saranno altre pronte a fare il suo lavoro. E, se anche così non fosse, l'uomo potrebbe vivere in qualche modo comunque. E se anche così non fosse, gli uomini potrebbero morire, la specie intera estinguersi. Neppure la specie è indispensabile. Neppure i tuoi figli lo sono."
"Ma dove li metti gli azionisti e la legalità, dove la metti?"
"Pochi secoli fa non esisteva la borsa e, andando un po' più in là, neppure la legge. Per vivere o per uccidere non serve tutto ciò".
"Ma tu ragioni come un nihilista, come un terrorista!"
"Già, è vero, siamo in uno stato in cui in nome del terrorismo si possono intercettare le telefonate e fare ben di peggio, mentre nei confronti di chi truffa, chi evade, chi riduce alla miseria le persone per aumentare la propria già smisurata ricchezza non si può fare nulla. Anche se il terrorismo può avere ucciso qualche centinaio di persone, mentre la disonestà legalizzata ne ha uccise a milioni."
E quindi il collaboratore terminò: "No, guarda, io penso proprio che uno come me o come un altro lo pagherei e pagherei il lavoro fino a che non mi restassero altro che i soldi per campare, perché con l'operosità di tutti, non solo io, ma soprattutto i miei figli vivrebbero meglio, mentre con quattro lire o quattro mila miliardi in un paradiso fiscale avrei merda in cambio di distruzione.
"Forse tu non la pensi così, ma non sarai tu quello che assiste all'esodo dalla città verso la miseria e la morte. Se comunque pure dovessi essere tu quello, da quel momento in poi potresti non avere altro da fare che metterti uno specchio davanti al letto per guardarti ogni giorno diventare sempre più vecchio e infine assistere alla tua morte senza neppure chi ti somministri la morfina per non soffrire. Dopo di te, finalmente un sereno nulla darwiniano"
Nessuno è indispensabile!!!
(oppure tutti possiamo essere utili: non c'è una verità - solo una scelta e una volontà!)
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