15 gennaio 2007

Meglio facilitare che determinare

"E’ solo negli anni recenti che io sono diventato capace di stare ad aspettare senza impazienza...
Mi sgomenta pensare alla quantità di cambiamento profondo che io ho impedito o ritardato, in pazienti che appartengono ad una certa categoria di classificazione, a causa del mio personale bisogno di interpretare.
Se soltanto sappiamo aspettare, il paziente arriva a capire in maniera creativa e con gioia immensa, ed ora io godo di questa gioia più di quanto fossi solito godere della sensazione di essere intelligente.
Io penso che interpreto soprattutto per far conoscere al paziente i limiti della mia comprensione. Il principio è che è il paziente, e solo il paziente, a possedere le risposte"
D. W. Winnicott dal libro "Gioco e realtà"

A volte è l'età a renderci limpidi gli occhi, a consentirci di osservare pacificati e senza fretta, mettendo le briglia alle nostre presuntuose aspettative. Il cliente la risposta ce l'ha spesso in sé. Ed è più precisa ed adeguata di quanto possano restituirgliela i nostri schemi di significato più o meno scientifici. A volte bisognerebbe imparare dai santoni new age, invece che dai neuroscienziati. Può far ridere credere agli angeli, tuttavia delegare ad uno spirito guida la responsabilità di aprire la strada del cambiamento sarà probabilmente sempre meglio che mettersi il camice e arrogarsi la capacità taumaturgica di detenere la ricetta per cambiare il prossimo.
Come operatori di cambiamento o fornitori di aiuto dovremmo assumere la posizione del facilitatore felice: colui che predispone un setting che legittimi il nostro cliente a cambiare: nel suo modo, con i tempi adeguati e con i propri termini e significati.

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