20 settembre 2007

Quale manager per il futuro?

Un'utile ricerca promossa dal Sole 24 ore che delinea le necessità percepite dai lavoratori per le figure che dirigono il personale evidenzia due tipologie di manager intermedio qui definite di Team Player e di Work Planner.

Laddove il primo è concentrato nel coinvolgere il proprio gruppo perché vengano raggiunti risultati competitivi, il secondo si preoccupa soprattutto di pianificare le attività perché vengano eseguite diligentemente, controllando il corretto utilizzo delle risorse.

La notazione interessante è che il diligente pianificatore, rassicurante e ordinato, attira quasi il 40% dei giovani, mentre l'intraprendente coach, dalle sfide motivanti, raccoglie le speranze di più del 70% dei senior.

Questo significherebbe che gli over 50 sono la risorsa del lavoro più sensibile al cambiamento e alla competizione, oltre che allo spirito di squadra, mentre le speranze rivolte alla nuova generazione riposano su una popolazione più individualista, bisognosa di rassicurazione e continuità, giusto l'opposto di quanto il mercato del lavoro e le forme di competizione di mercato offrono.

Ma la ricerca evidenzia anche altri aspetti non meno interessanti, primo fra tutti l'identikit del capo, che delinea un senior cinquantenne con gli attributi, tanto coinvolgente quanto coraggioso, ma soprattutto attento all'innovazione, con una caratteristica cognitiva rivolta alla sperimentazione e all'innovazione. Capace di inventare soluzioni non ovvie e competente nelle nuove tecniche gestionali e nelle tecnologie trasformative, deve sapere riconoscere e premiare quadri e professional e deve farsi carico delle scelte e delle responsabilità senza scaricare su impiegati e operai i rischi che non vuole assumere.

Quali riflessioni fare alla luce di queste informazioni? Che domande porsi?
Dove si troverebbe questo tipo di capo è il punto critico della questione.

Si tratta con ogni probabilità di una razza in via di estinzione con poco spazio nelle incertezze imprenditoriali attuali con pretese inadeguate dei vertici. Molto più facile è trovare un poco competitivo work planner, più schermato nei confronti dei rischi a cui il top management vorrebbe il più delle volte esporlo, ma anche impermeabile alle responsabilità verso gli sviluppi professionali del gruppo, essendo attento soprattutto ai dati e alla propria sicurezza personale.
Il work planner è il ligio prodotto della generazione delle aziende delle tabelle, dei numeri per i numeri, delle piattaforme gestionali, degli ERP, e dei sostituti decisionali informatizzati (DSS). Figlio dei consigli di amministrazione accentranti e centralizzatori degli ultimi anni, non propone e non stimola, interpretando aziende sempre meno competitive e per nulla innovative, disinteressate alla propria rigenerazione, che puntano più sull'assistenzialismo delle lobbies e dei governi che sulla propria forza imprenditoriale e inventiva.

L'altro, il Team Player è un personaggio sempre più di altri tempi a cui si finisce per chiedere di essere boia e impiccato e di garantire la botte piena e la moglie ubriaca; un leader sempre più sofferente e impaziente, che dietro la porta sogna un'onorevole pensione.

Una figura anche che è sull'orlo della crisi di nervi e soprattutto sulla soglia della rivolta.

Stretti a tenaglia fra un vertice dalle esigenze irragionevoli e dagli obiettivi non commensurati sulla realtà, da un lato, e una base disorientata e spesso allo sbando, incapace di offrire contributi e costantemente bisognosa di rassicurazioni e di certezze impossibili, dall'altro, i quadri intermedi, sempre meno riconosciuti per ruolo e per ritorni, stanno sviluppando, non solo indifferenza per i destini dell'azienda, ma addirittura un astio e un atteggiamento di rivolta verso le direzioni che per le imprese è come una malattia silenziosa nel suo incedere, pronta ad esplodere senza preavviso, violenta e verosimilmente difficile da curare e tendenzialmente irrecuperabile e distruttiva soprattutto per le aziende più precarie e prive di risorse in panchina.

Imprese, quelle che escono da questo disegno, sempre più popolate di giovani precari, senza risorse né piani a lunga distanza, non apprezzati né riconosciuti dal personale, soprattutto da quello femminile e quello con più anzianità, che non riescono a far altro che eseguire il compito e che, con poche aspettative per il futuro e per la carriera, sono pronti più ad abbandonare che a combattere. Giovani che sono cresciuti orfani della generazione precedente, non essendo mai stati messi in condizione di raccogliere il testimone da un Team Player, anche perché i criteri del loro inserimento non prevedevano questi sviluppi e perché a partire dagli anni '90 si è preferito lasciare estinguere il personale costoso, sull'onda della moda della cancellazione delle fasce di coordinamento intermedie.

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