La storia che porta al Wiki in azienda è particolarmente lunga, nonostante non siano pochi quelli che oggi gridano alla novità assoluta.
Per i pochi rimasti a non sapere che cosa sia Wiki, sia detto in pochissime parole che si tratta di un misto fra un software destrutturato e dei siti basati sulla collaborazione condivisa.
Il software originario non era un gran che e il suo successo iniziale si basava fondamentalmente sul fatto che non c’erano regole e quindi chiunque poteva inserire o modificare tutto quello che voleva.
Ci si potrebbe invece chiedere quanti senza Wikipedia si sarebbero accorti del Wiki. Com’è ormai arcinoto, l’enciclopedia libera più importante del mondo che sfrutta un software Wiki si basa su contributi che chiunque può inserire e parimenti modificare. All’inizio sembrava pura follia: “chissà che assurdità ci finiscono dentro! e poi chi è interessato a scrivere, non dico senza guadagnarci, ma senza neppure che appaia il tuo nome di contributore?…”
Invece ha funzionato e, pure a fronte di diverse inesattezze e partigianate, Wikipedia è un esempio di straordinario successo basato sulla fiducia: vanta l’aggiornamento, la completezza e la varietà che nessuna enciclopedia al mondo potrebbe permettersi.
A qualcuno è venuta dunque spontanea l’idea che si potesse fare lo stesso in azienda, dove per azienda intendiamo tutto quello che va dal gruppo di lavoro fino alle holding, alle reti di imprese. L’idea di fondo va dalla base di conoscenze condivise fino a sostituire qualsiasi archivio, in particolare quello della posta, con il Wiki: non più workstation e hard disk, ma reti di conoscenze.
Il Groupware da Notes a Groove
La storia della collaborazione tramite reti di computer affonda le sue radici nell’ormai lontano 1984, quando Ray Ozzie, oggi Chief Software Architect in Microsoft, iniziò lo sviluppo del primo software di Workgroup, dando origine alla categoria di programmi detti di Groupware, con Notes, programma che vide la luce per l’università come spesso capita per poi venire acquisito dalla Lotus del visionario Jim Manzi, finendo per stimolare gli appetiti di Big Blue che fece propria l’intera Lotus proprio per accaparrarsi Notes.
Non pochi sono stati gli emuli di Notes, partendo dal più brutto è anche il più diffuso: Microsoft Outlook (o Entourage per Macintosh). Poi ci sono Groupwise di Novel ed Evolution per Linux, anche se forse il migliore fra tutti gli epigoni rimane il canadese First Class, divenuto famoso soprattutto nell’ambito degli ambienti di e-learning e in quello delle BBS (da OneNet alla Reti Civiche, prima fra tutte quella di Milano).
La cultura della condivisione del sapere ha invece trovato sviluppi nelle learning organization, prima, e nel knowledge management, poi.
A 24 anni di distanza, Notes si conferma uno dei programmi più longevi nonostante Ozzie abbia preso le distanze da quel progetto per fondare Groove.
Groove è sicuramente il secondo passaggio della storia della collaborazione e indubbiamente quello più completo. Oggi acquistato da Microsoft, Groove ha superato il principio dell’archivio condiviso per arrivare alla condivisione degli spazi di lavoro. Il tutto con una ricchezza di strumenti impressionante. si passava dalla condivisione delle mappe mentali, per arrivare a quella delle scrivanie, ovviamente dei documenti, dei database e dei fogli di calcolo, fino a quella delle classi di apprendimento.
Come mai, allora, Groove non ha ottenuto fin da subito il successo sperato? E come mai neppure dopo essere stato acquistato da Microsoft che ha fatto del suo ideatore addirittura il responsabile dello sviluppo software si sente parlare di società che funzionano con Groove?
Forse perché si tratta di un prodotto così strategico da diventare un segreto competitivo da far pagare per la sua unicità?
No, penso piuttosto a delle ragioni più semplici.
In primo luogo, il successo di programmi meno ricchi e completi, anzi, decisamente inadeguati come Outlook ci racconta di aziende e persone che vedono ancora come troppo complesso un ambiente di lavoro basato sul software.
In secondo luogo, la condivisione e la perdita di proprietà del lavoro fanno parte della fantascienza per ancora troppe realtà.
Riguardo alla prima opzione probabilmente il Wiki rappresenta un compromesso perfetto fra completezza e semplicità. Per l’impiegato comune probabilmente anche il Wiki è ancora troppo complicato: non così per lo specialista, in grado ormai di trovarsi a proprio perfetto agio in un ambiente che condivide posta, documenti, programmi, comunicazioni, web…
Gli stessi Wiki Software sono diventati meno casuali e anarchici per favorire una strutturazione amministrata con livelli gerarchici e permessi differenziati. Sono nati insomma i programmi per il Wiki aziendale (come Confluence e SocialText) e questi sono in grado di fare la differenza.
Le Organizzazioni Trust-Based
Ben diversa è invece la questione che riguarda la fiducia delle persone le une verso le altre e tutte verso le direzioni d’impresa. Qui occorre che qualcosa cambi in due direzioni:
- quella del contratto sociale
- quella della cultura d’impresa e del clima di lavoro
A fronte dell’inadeguatezza d’impresa a questo proposito, il Wiki sta incontrando un certo successo nelle imprese innovative dove i ricercatori sanno di poter contare su un certo rispetto e una onesta condivisione dei risultati, ma solo in quelle. E là dove così non fosse, il Wiki stesso può essere facilmente bypassato e il web insegna che può diventare facilmente vittima dello stesso rischio che corre Wikipedia: disinformazione, plagio, manipolazione, strumentalizzazione, e chi più ne ha più ne metta.
Non è il software, ma la gestione della condivisione a estremizzare componenti che il controllo formale nelle aziende dove il rapporto fra le parti è regolato da strutture, contratti, norme, procedure… consente di governare in tranquillità, ma che diventano precarie in ambienti trust-based, dove è la fiducia a governare.
La non assunzione di questa dimensione e l’indifferenza per l’acquisizione di tutte le competenze necessarie allo scopo rendono l’adozione di strumenti per la condivisione come il Wiki estremamente pericolose. E non è certo un bilancio di sostenibilità a vincere la paura degli effetti Exon o Parmalat.
Quello che sembra interessante è questa nuova configurazione che grazie a questi strumenti sembra prendere vita:
l’organizzazione trust-based che si pone all’estremo opposto di quella erp-based.
Innanzitutto perché quest’ultima si rivolge alla corporate allargata, tendendo ad assimilare le risorse come se il fattorino producesse lo stesso vantaggio competitivo del ricercatore o del manager di punta, mentre la prima si rivolge a gruppi come se fossero affrancati dalle logiche massificanti delle HR burocratiche.
In secondo luogo, laddove gli ERP (primo fra tutti SAP) hanno fatto fare passi indietro di trenta - quaranta anni alle scienze delle organizzazioni e del management, i Wiki e i software collaborativi offrono a queste discipline scenari del tutto innovativi e impossibili a creare senza lo strumento informatico.
La loro nascita, tuttavia, fa tornare in auge l’attenzione per le tecniche e le metodologie organizzative, psicosociali e di relazioni industriali evolute, anche se a proposito di trust-based organization non si può invero riscontrare una diffusa preparazione delle società e dei professionisti.
Bisogna quindi cominciare dai gruppi e farlo con metodo, serietà e creatività, senza dare nulla per scontato, mettendo da parte i trucchi del mestiere, le vecchie e fruste categorie di comodo e i conigli da far scaturire dal cilindro.
Occorre un’osservazione condotta senza pregiudizi e la capacità di generare modelli originali per organizzazioni fuori standard.
Una sfida le cui promesse sono direttamente proporzionali ai rischi da parte di tutti gli attori.
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