Segnalo la pubblicazione di un mio nuovo articolo su Netmanager.it. Ecco il titolo del pezzo e l'incipit:
Confidenze abbastanza intime
Come i personaggi di un film recente, anche il manager può aver bisogno di un rapporto confidenziale con uno sconosciuto partecipe...
Ricordo i link agli altri articoli già pubblicati sulla stessa testata:
Gruppi di Personal Coaching
In questo articolo, prosegue idealmente quanto descritto in "Corporate e Personal Coaching" sui confini del coaching individuale ed il passaggio dall'individuo al gruppo...
13.01.2005 - Il tempo per sé
25.01.2005 - Corporate e Personal Coaching
Appunti di uno psicologo delle organizzazioni e psicoterapeuta tra la riconquista della fiducia e la difesa dell'etica.
24 febbraio 2005
23 febbraio 2005
Il manager diffuso
I modelli industriali stanno vivendo qualcosa di analogo alla crisi dell’idealismo che all’inizio del secolo venne segnata dalle nuove epistemologie, dalla psicanalisi, dalla letteratura della spersonalizzazione e da tutte quelle forme di pensiero che hanno corroso la centralità dell’io e del soggetto forte.
È il modello della “Grande Impresa” e non necessariamente quella o l’altra corporation a rendersi evanescente e non certo a beneficio dalla media o della piccola.
Quello che accade è piuttosto la perdita di significato di “grende, medio e piccolo”. L’economia dei Leoni è alla frutta, ma anche le Volpi di Pareto ben difficilmente torneranno.
Gli ultimi grandi timonieri li abbiamo seppelliti o mandati in pensione. Quelli che occupano le poltrone altissime sono gli ultimi fuochi riverberanti un passato dove il sipario è calato tanto sulle luci che sulle ombre.
Già Weick ci aveva insegnato che l’Organizzazione non esiste: esiste solo l’organizzare. Ora non resta che andare a fondo della revisione introdotta da Mintzberg negli anni ‘80, per affermare che i Manager sono morti. Tutti. Da tempo. Non esistono più.
E quelli che si fanno chiamare così, allora? Sono epifenomeni. Non ci sono i manager, ma esiste il management. Ovverosia oggi più che mai si lavora di managerialità. Anzi, l’azienda più competitiva è quella centrata su competenze pregiate initmamente permeate di una condivisione di managerialità.
Per insegnare questo fenomeno dovremmo cominciare a gettare alle ortiche i tradizionali cataloghi di formazione e ripensare la formazione manageriale come un fenomeno diffuso, condiviso, leggero, debole.
Per parafrasare il primo post di Personal Coaching: il manager che non sei è il manager che è anche in te.
È il modello della “Grande Impresa” e non necessariamente quella o l’altra corporation a rendersi evanescente e non certo a beneficio dalla media o della piccola.
Quello che accade è piuttosto la perdita di significato di “grende, medio e piccolo”. L’economia dei Leoni è alla frutta, ma anche le Volpi di Pareto ben difficilmente torneranno.
Gli ultimi grandi timonieri li abbiamo seppelliti o mandati in pensione. Quelli che occupano le poltrone altissime sono gli ultimi fuochi riverberanti un passato dove il sipario è calato tanto sulle luci che sulle ombre.
Già Weick ci aveva insegnato che l’Organizzazione non esiste: esiste solo l’organizzare. Ora non resta che andare a fondo della revisione introdotta da Mintzberg negli anni ‘80, per affermare che i Manager sono morti. Tutti. Da tempo. Non esistono più.
E quelli che si fanno chiamare così, allora? Sono epifenomeni. Non ci sono i manager, ma esiste il management. Ovverosia oggi più che mai si lavora di managerialità. Anzi, l’azienda più competitiva è quella centrata su competenze pregiate initmamente permeate di una condivisione di managerialità.
Per insegnare questo fenomeno dovremmo cominciare a gettare alle ortiche i tradizionali cataloghi di formazione e ripensare la formazione manageriale come un fenomeno diffuso, condiviso, leggero, debole.
Per parafrasare il primo post di Personal Coaching: il manager che non sei è il manager che è anche in te.
14 febbraio 2005
Imprevedibilità
Alte mura e profondi fossati non garantiscono la sicurezza, robuste corazze e armi efficienti non garantiscono la forza.Conosci rimanendo sconosciuto! L'arte dell'invisibilità si basa sul distacco interiore. Non è la fama a dare la gloria. Quello di noi che è più noto e di cui si parla meglio ovunque è soprattutto il più vulnerabile e sarà anche il primo nei cui confronti verranno indirizzati gli strali, per aggressione bellicosa come pure per sfida ammirata.
Se i nemici attendono sulle loro posizioni, attaccali dove sono scoperti, se avanzano per stabilire un fronte, appari dove non se l'aspettano.
Ho già avuto più di una volta modo di segnalare le affinità fra manager e coach. Se c'è un consiglio che si può dare ad entrambi è quello di essere sempre - o il maggior numero di volte possibile - imprevedibile ed ineffabile.
Due cose dovrai fare ogni mattina, appena svegliato, prima ancora di sciacquarti il viso e lavarti i denti: apri il tuo viso in un sorriso disteso o in un'amorosa risata; proponiti di fare qualcosa di nuovo, anche piccolissimo e irrilevante, sfidandoti di sorprendere prima di tutto la tua persona, anche e soprattutto quando gli altri non potranno vedere o capire.
11 febbraio 2005
Gruppi di Personal Coaching
Segnalo la pubblicazione di un mio nuovo articolo su Netmanager.it. Ecco il titolo del pezzo e l'incipit:
Gruppi di Personal Coaching
In questo articolo, prosegue idealmente quanto descritto in "Corporate e Personal Coaching" sui confini del coaching individuale ed il passaggio dall'individuo al gruppo...
Ricordo i link agli altri articoli già pubblicati sulla stessa testata:
13.01.2005 - Il tempo per sé
Quando il lavoro non offre spazio è sbagliato insistere a fare: molto meglio è curarsi degli spazi personali e migliorare se stessi
25.01.2005 - Corporate e Personal Coaching
"Di chi è l’obiettivo dell’intervento di coaching?". Del cliente individuale pagante, di quello sponsorizzato dall’organizzazione o dell’impresa committente, dello stakeholder?
Gruppi di Personal Coaching
In questo articolo, prosegue idealmente quanto descritto in "Corporate e Personal Coaching" sui confini del coaching individuale ed il passaggio dall'individuo al gruppo...
Ricordo i link agli altri articoli già pubblicati sulla stessa testata:
13.01.2005 - Il tempo per sé
Quando il lavoro non offre spazio è sbagliato insistere a fare: molto meglio è curarsi degli spazi personali e migliorare se stessi
25.01.2005 - Corporate e Personal Coaching
"Di chi è l’obiettivo dell’intervento di coaching?". Del cliente individuale pagante, di quello sponsorizzato dall’organizzazione o dell’impresa committente, dello stakeholder?
08 febbraio 2005
Bisogno di sicurezza e potere
C’è un confine delicato fra la capacità di previsione e la paranoia.
La paranoia è la più tipica degenerazione del potere. Il sovrano di cui ci racconta Elias Canetti contempla la sua città vuota dopo che ne aveva espulso fino all’ultimo abitante che potesse anche solo lontanamente contemplare l’idea di tradirlo o complottare contro di lui.
Le voci di corridoio soffiano come il vento sull’incendio del sospetto. Eppure il nuovo capo si fida di loro e si attornia di amici della precedente esperienza, anche se incapaci, pur di contare su uomini fidati. I suoi principali fallimenti nasceranno proprio da quei vecchi peones e proprio fra di loro ci sarà quello pronto allo sgambetto.
La paura non si confà al condottiero e neppure il sospetto, ma piuttosto la prudenza e la previdenza. Chi non sa guardare oltre finisce per temere quello che vi si può trovare.
Nello stesso modo in cui non deve vivere all’ombra del sospetto di quello che potrà capitargli, non avrà alcun merito nell’agire in base a quanto è già avvenuto: sarà troppo tardi e il futuro che andrà a scrivere, le gesta che andrà a guidare saranno già state compiute da qualcun altro.
Recita il Libro dell’Equilibrio e dell’Armonia: “Comprendere senza alterare la quiete, compiere senza lottare, conoscere senza vedere (...) L’abilità di agire ciò che è ancora inattivo, di comprendere ciò che è ancora oscuro e di vedere ciò che non è ancora nato sono tre capacità che si sviluppano reciprocamente”.
Soprattutto non in solitudine.
Infine non si apprende a prevedere quando si è troppo coinvolti.
Si impara modificando la propria persona con l’aiuto di altri e ci si fiderà di essa. Solo in essa si crederà nel momento della scelta, senza timore del prezzo che si potrà pagare, né avidità per i premi che si potranno ottenere.
La paranoia è la più tipica degenerazione del potere. Il sovrano di cui ci racconta Elias Canetti contempla la sua città vuota dopo che ne aveva espulso fino all’ultimo abitante che potesse anche solo lontanamente contemplare l’idea di tradirlo o complottare contro di lui.
Le voci di corridoio soffiano come il vento sull’incendio del sospetto. Eppure il nuovo capo si fida di loro e si attornia di amici della precedente esperienza, anche se incapaci, pur di contare su uomini fidati. I suoi principali fallimenti nasceranno proprio da quei vecchi peones e proprio fra di loro ci sarà quello pronto allo sgambetto.
La paura non si confà al condottiero e neppure il sospetto, ma piuttosto la prudenza e la previdenza. Chi non sa guardare oltre finisce per temere quello che vi si può trovare.
Nello stesso modo in cui non deve vivere all’ombra del sospetto di quello che potrà capitargli, non avrà alcun merito nell’agire in base a quanto è già avvenuto: sarà troppo tardi e il futuro che andrà a scrivere, le gesta che andrà a guidare saranno già state compiute da qualcun altro.
Recita il Libro dell’Equilibrio e dell’Armonia: “Comprendere senza alterare la quiete, compiere senza lottare, conoscere senza vedere (...) L’abilità di agire ciò che è ancora inattivo, di comprendere ciò che è ancora oscuro e di vedere ciò che non è ancora nato sono tre capacità che si sviluppano reciprocamente”.
Soprattutto non in solitudine.
Infine non si apprende a prevedere quando si è troppo coinvolti.
Si impara modificando la propria persona con l’aiuto di altri e ci si fiderà di essa. Solo in essa si crederà nel momento della scelta, senza timore del prezzo che si potrà pagare, né avidità per i premi che si potranno ottenere.
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