Quando il coaching è centrato sul cliente abbiamo a che fare con degli esponenti della scuola yin del coaching.
I maestri di questo approccio sono particolarmente orientati all’altro e inclini a farsi plasmare nella profonda convinzione che sia un’istanza di tipo radicalmente democratico a guidare le relazioni nel setting. Per questo tende a qualificare come impertinente e presuntuoso ogni intervento che fornisca indicazioni precise di comportamenti e valutazioni (anche se una certa inclinazione alla domanda retorica finisce per risultare ancora più condizionante, costringendo gli altri a delle confessioni di errore).
La scuola yin si riconosce per alcune caratteristiche grammaticali: la predilezione per il soggetto impersonale “si” (“si dice”, “si pensa”, “qualcuno afferma”…), la nominalizzazione (“la transferalità della mentalizzazione del gruppo”) e una certa inclinazione al verbo passivo (la “parola parlata”, “è stato portato all’evidenza” …).
I verbi preferiti sono osservare, ascoltare, comprendere, interpretare, sentire, ricevere, accogliere…
Questa disposizione al ricevere, all’accogliere, ma anche al fagocitare, allo strumentalizzare, porta a un certo rifiuto nei confronti delle attività didattiche o sperimentali e a una certa delega ai partecipanti delle decisioni e della stessa produzione di contenuti e relazioni.
I contenuti stanno alla scuola yang come il metodo sta a quella yin. Quello che per gli uni è il "riempire" per gli altri è il "sistemare" (non a caso uno dei momenti classici degli interventi yin è la sistematizzazione).
Un simile atteggiamento può essere scambiato per rifiuto, indisponibilità al lavoro o incapacità, tuttavia solo dei grandi professionisti possono permettersi di appartenere alla scuola yin (laddove per cavarsela nella scuola yang può essere sufficiente la conoscenza di alcune lezioni o di un canovaccio preconfezionato).
Spesso provengono da un percorso di formazione psicologica, in particolare orientata alla clinica e al lavoro con i gruppi. Nell'attività organizzativa in genere il loro background di riferimento è costituito dal counseling (la scuola di E.H. Schein, come di Weick e altri).
Si nutrono dei silenzi del gruppo e li sanno usare come dei torchi per spremere dai partecipanti il massimo sforzo e i maggiori contributi.
Si trovano qui dei guru, dei maestri di vita e dei conoscitori di anime che per questo sono meno versati all’insegnamento e al trasferimento di contenuti, come pure al lavoro sulle situazioni concrete e locali. Per questo il loro lavoro si rivolge a personale altamente motivato, sia ai contenuti che allo sforzo di coinvolgimento. I partecipanti a questi gruppi ricercano delle esperienze dirette in cui intervenire come attori, a partecipare a lunghe sessioni di riflessione, di silenzi e di messa in discussione di se stessi.
Nessun commento:
Posta un commento