Il Sole 24 ore di lunedì 24 gennaio 2005 ha dedicato un bel paginone al coaching.
Nell'insieme il lavoro giornalistico è apparso ben calibrato, anche se - come altri a suo tempo - si comprendevano delle sponsorship latenti. Di chi? Basta leggere il titolo della pagina per capirlo. In primo piano era scritto "Attenzione al «coach» improvvisato", mentre negli occhielli c'erano, prima una spiegazione un po imprecisa "RISORSE UMANE: Anche in Italia è l'ultima moda della formazione aziendale: ecco i criteri-base per scegliere la persona giusta" (quando, come ho già avuto modo di scrivere, se intendiamo il coaching come "formazione" abbiamo perso l'unico vero vantaggio di usare quel termine per distinguere quel tipo di interventi dai corsi); poi ci veniva spiegato quali erano i "criteri-base" giusti, e cioè: "Certificazioni internazionali riconosciute, pratica con un senior e esperienze documentate".
Ancora una volta organi certificatori e corporazioni per qualcosa che non è né una scuola, né una teoria, ma solo una modalità, una categoria di approccio a un detarminato tipo di lavoro. Ovverosia, è comprensibile che per essere psicanalista occorra una formazione specifica ed eventualmente la certificazione della "licenza" acquisita; lo stesso per essere sistemici, gestaltici e così via. Anche per fare la Programmazione Neuro Linguistica (PNL o NLP), seppure non dia accesso ad albi di psicoterapista o altro, essendo una specifica collazione di tecniche e metodologie occorrerà essere certificati.
Invece per "fare i formatori" non viene richiesta nessuna certificazione. Se la si ha è meglio per chi la detiene, la si può anche mostrare, ma non cambia nulla e niente toglierà mai al fatto che la maggior parte dei formatori non ha certificazione alcuna. Un professore si può considerare formatore solo per questo titolo anche se nulla sa dei percorsi formativi dell'AIF, dell'ASFOR o di altre associazioni, corporazioni o scuole di formazione. Figuriamoci quando a fare formazione è il geometra o il venditore bravo, quanto illetterato.
Lo stesso vale per il coaching: chi certifica il certificatore? Non esiste un marchio registrato di qualcosa che si chiama coaching e neppure esiste un manuale che dica esattamente che cosa sia il coaching in maniera univoca. Ogni scuola e soprattutto ogni professionista lo interpreterà a suo modo. Si spera che almeno abbia chiari i fondamenti della disciplina, come ad esempio il contratto e l'obiettivo finale. Nonostante questo nulla potrà garantire al cliente di avere a che fare con la persona giusta. Nemmeno l'appartenenza a qualche congrega. Ci sono nomi e scuole che sono noti a molti ed essere affiliati a loro è un grande vantaggio per il professionista e una qualche garanzia per il cliente che se si cade almeno lo si farà sul morbido.
Ci sono comunque bravi professionisti sciolti o appartenenti ad altre famiglie professionali che fanno del coaching bene o anche meglio di altri che vantano ascendenze oltre-oceaniche. Essere legati a qualche padre putativo americano non è una garanzia di qualità, ma casomai solo un proclama di parte, una presa di posizione stilistica che può essere o meno condivisa (personalmente ritengo che siano troppi gli elementi della cultura statunitense che non sento appartenere alla nostra, come i predicatori gli anchor man da adunate oceaniche e così via).
In box ci trovate anche un po' di titoli. Non posso dire di conoscerli tutti. Posso invece rilevare la mancanza di diversi testi interessanti, anche se meno di - quella - parte. Fra i tanti, consiglio di leggere i capitoli dedicati a questo filone nel libro Oltre l'aula a cura di Boldizzoni e Nacamulli, uscito per Apogeo (le parti sono a firma di Gian Franco Goeta, Claudia Piccardo e Monica Reynaudo e Alessia Rossi).
Un'ultima cosa che mi pare significativo rilevare è la scarsità di dibattito sulle metodologie (visto che sulle teorie sarebbe impossibile) e caso mai sulle tecniche, che invece sarebbe il contributo più importante per fondare una professionalità di questa disciplina. Questa discussione, seppure non è del tutto assente, è molto scarsa, prova ne sia che su Internet troverete moltissime scuole, associazioni, società, professionisti, ma pochi testi, poca o nulla discussione, nel momento in cui proprio di questa ci sarebbe più bisogno.
Da qui si dovrebbe partire tutti, profesxsionisti, studenti, clienti e giornalisti, anche.
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