25 luglio 2007

Ci vuole un'altra vita

"Non servono più eccitanti o ideologie/ci vuole un'altra vita" cantava Franco Battiato nell'omonima canzone.
E chi non vorrebbe una seconda opportunità?!
Così c'è chi se l'è inventata e quasi una decina di milioni di altri che se la sono comprata come ci si potrebbe comprare una seconda verginità.

Internet ha scoperto qualcosa che dieci-venti anni fa era chiaro, prima ancora che alla Turkle ad Abraham Moles - più di recente in parte reinventato da De Kerchove (bella questa sparata di autori che ai più non dirà un bel niente, però lascia pensare che io la sappia lunga, vero?): ovvero che quelli virtuali sono comunque ambienti e che la nostra mente per immaginare la rete ha bisogno di rappresentarsela spazialmente come dei luoghi.

Personalmente la mia prima illuminazione me la diede Howard Rheingold con il suo libro Comunità Virtuali. La cosa sorprendente è che quel lavoro faceva soprattutto riferimento alle comunità della west coast statunitense che, molto prima dell'Internet-Rush, viveva nel virtuale attraverso le BBS (e le loro reti come Fidonet e Omninet).
Quelle bacheche elettroniche non erano il mondo nel cassetto, ma la tua città con alcuni ospiti trasversali che spesso erano come il prezzemolo di quei salotti da computer. Ad aprirmi a quel mondo fu la Znortlink degli Enrico Balli e Pasini e soprattutto il grandioso programma di gestione FirstClass.

In una BBS immaginavi la persona per i toni che usava per scrivere, il gergo che aveva, l'impressione che lasciava di sé anche negli altri interlocutori. Immaginavi anche la BBS come un luogo. E tutti questi luoghi e queste persone erano generalmente rappresentazioni dei tuoi fantasmi, dei tuoi desideri, delle tue esperienze pregresse.
Una volta per un cognome vagamente fallico ci fu una flame sul fatto che una partecipante fosse un uomo. Io osai mettere in dubbio che la cosa fosse importante e se un maschio voleva travestirsi in uno spazio virtuale ne aveva tutto il diritto e noi avremmo dovuto rispettarlo. Di lì a poco sarebbe arrivato Internet e degli avvocati neworkesi sarebbero stati oggetto di pubbico ludibrio perché avevano osato spedire una pubblicità delle loro attività a qualche centinaio di indirizzi al punto che l'intera rete insorse e seppellì il server di costoro con milioni di e-mail.
Allora, invece, c'era ancora il piacere di incontrarle di persona quelle voci di testo e si organizzava la pizzata della BBS. E lì le belle amicizie della rete potevano consolidarsi o svanire come nebbia al sole.
Poi fu l'Internet e tutti potevano contattare tutti finendo per non conoscere nessuno.

La mente umana è locale e non riesce a concepire spazi globali e per questo globalmente infiniti.
Nel libro di Rheingold si fa riferimento a storie di persone, di aiuto reciproco, di soccorso, di confronto professionale e nella professione di genitori, di giornate al parco e di riunioni e cene e così via: il BBS consolida il gruppo delle persone e gli incontri rinforzano la spinta ad usare il BBS.

Storia antica? Già allora nascevano le prime esperienze di avatar, ma gli strumenti dell'epoca finivano per vanificare i tentativi.

Oggi Second Life crea ambienti ritagliando piccole porzioni della infinita ragnatela e sottraendoli all'esercizio della fantasia. Nel nostro mondo votato alle frustrazioni, al disgusto e alle grandi insoddisfazioni, chi non vorrebbe ricominciare da capo in un mondo ideale.
Peccato che la fantasia degli autori e del business attorno a loro non ha certo creato il migliore di mondi possibili, ma piuttosto una replica di tutti i difetti di questo: la solitudine di base, il ricorso al denaro per tutto (dalla casa, al lavoro, al sesso...), il consumismo sopra qualsiasi cosa.

Ci sono immobiliari famosissime che hanno acquistato il diritto di affittare e vendere alloggi e stabili e non manca la gente che li compra, perché, per contraddittorie che possano essere le opinioni su questo presunto gioco, su una cosa sono tutti concordi: puoi entrare senza spendere una lira, ma se non compri girerai a vuoto senza combinare niente. Stessi i modelli etici più deteriori della società dei consumi: obiettivo desiderare, comprare e vendere senza sapere perché e magari finire in rovina!

All'apparenza 2nd Life assomiglia a un BBS di una volta, dunque, in quanto entrambe portano la persona che non può vivere le relazioni che desidererebbe perché frustrate da un'identità quotidiana impoverente o mortificante a trovare soddisfazione in un ambiente a parte. Tuttavia, laddove il primo ti porta in una copia illusoria della prima "Matrix" per ripetere errori e illusioni, con poco spazio per l'immaginazione spaziale e spingendoti a spendere su feticci di illusioni, il secondo, oltre ad essere del tutto gratuito, ti portava a esercitarti a migliorare la vita, ma non quella della simulazione, quella reale: ci si incontrava tutte le sere in rete per poi uscire a fare le cose.

No, nessuna nostalgia, nessun rimpianto. Solo un dubbio: fra quella del telegiornale e quella di 2nd Life quale vita mi conviene vivere? E, se dovessi ricominciare, da dove potrei ripartire e con chi, perché in quelle attuali, oltre alla certezza della finzione su entrambi i fronti, c'è la sensazione che fra la prima e la seconda di vita a prevalere sia un aumento metafisico della solitudine e dell'oblio della persona.

P.S.: un mio amico mi diceva che ti salvi se vai a farti una bella partita di pallone e io vedo i ragazzi sulla piazza davanti a casa mia...:
- ...ed ecco Kakà, Kakà, KAKA'... Fantastico Kakà... Tiro in porta... un bolide!"
- ...e Buffon paraaaaa.... la parata vincente di Buffon
La prima vita e le altre vite sembrano tutte immaginate, ma comunque tutte senza molta fantasia.

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