09 novembre 2010

Gurufobia

Sto leggendo un libro che promette di essere interessante, non fosse che il suo primo scritto, Futurizza la tua impresa, è stato veramente ricco di spunti in parte poco seguiti ancora oggi. Può darsi che più avanti le mie aspettative vengano compensate, ma per ora ammetto che David Siegel mi sta provocando una crisi di rigetto che provo sempre più frequentemente nel leggere i lavori di questi guru del Counseling 2.0 marcatamente statunitensi.

Che siano prolissi a danno delle foreste (un po' meno oggi che alcuni come il sottoscritto consumano i prodotti d'oltre oceano sotto forma di e-book) questa è storia di sempre: se devono scrivere le ricette con le cipolle devono scannerizzare la storia della cucina, delle forchette, la coltivazione della cipolla, la botanica, la gastroenterologia e mille altre nozioni di cui faremmo volentieri a meno quando ci basta sapere come fare la zuppa di cipolle. Il problema - per loro - è che per quello non si venderebbe un libro, ma a malapena un articolo di rivista.
Ora questi guru post-moderni hanno preso l'abitudine di gonfiarci di case history che sono come certi ristoranti di montagna che ti riempiono di farinacei e fritti per aumentare il senso di sazietà e darti l'impressione di aver speso bene i tuoi soldi, mentre sei stato trattato come un tacchino da ingrasso.

All'inizio pensavo che potesse dipendere dal mio cattivo inglese e così ho cominciato a leggere con attenzione ossessiva, da liceale, ma non ho fatto che confermare la mia prima impressione.

Sono libri agli estrogeni pieni di riferimenti del tutto ininfluenti al fine della tesi che sostengono. Citazioni di manager di grandi imprese (già, perché se sono meno di Microsoft, IBM o UPS non valgono, mentre così ogni fesseria che comunicano ha valore solo per il nome) che snocciolano soluzioni di comune furbizia managerial-partenopea vestite di trend neo-tecnologico, come se un cellulare con il lettore di barre magnetiche fosse una rivoluzione dei servizi al cliente e dimostrasse che quest'ultimo avesse il governo del processo, mentre è solamente costretto a comprarsi anche uno smartphone per fare la spesa dove una volta (ma fortunatamente non sono ancora scomparsi) c'era un gentile commesso che lo istruiva senza sforzo e con la possibilità di confronto.

Come questo libro tanti altri, da Wikinomics in poi sono bolge di casi del tutto incongruenti finalizzati ad imbonire gli incapaci, anche quando le due informazioni in croce che si possono comunicare potrebbero avere qualche interesse.

Ma questi incapaci esistono? Sono tanti? Che peso rivestono? Sì, sì e "dipende"!

Mentre scrivo questa nota sto viaggiando per Milano in una Freccia Rossa, noto treno per schiavi pendolari del micro-management. Ho dovuto ricorrere alle cuffie non perché avessi voglia di sentire musica, ma perché ero stanco dei contenuti delle telefonate di venditori, avvocati, commercialisti che propinavano formule anglofone usa e getta.

Viviamo immersi in un bagno primordiale di frasi fatte e di luoghi comuni, mondi non virtuosi, ma neppure virtuali, essenzialmente velleitari dove ad anglismi che sono puri significanti avulsi da ogni significato non viene fatto corrispondere alcun oggetto, sia esso una cosa, un fatto, una popolazione o una persona.

Che c'entra questo con il mio libro che, mondato di tutto questo inutile surplus, a saperlo leggere separando il grano dalla crusca poi brutto non è e magari anche utile? Il fatto è che i nostri forzati questa operazione non la fanno, anzi, il più delle volte, non riuscendo a comprendere il grano, costruiscono mondi di crusca che di buono hanno, al più, l'effetto lassativo che un correlato fisico, anche solo allegorico, capita che ce l'abbiano. Terribili semplificatori, impoveriscono la nostra vita con automazione di principi vuoti. L'unica nostra garanzia, l'ultimo baluardo di sopravvivenza restano i materiali, le funzioni corporali, le persone che parlano di quello che succede loro e nondimeno quello di cui sentono parlare dai media.

Ti preoccupa il destino della musica venduta? Vai in un negozio, comprati uno strumento e impara a fattela da te: per quanto male tu possa strimpellare sarà migliore di tanti prodotti industriali confezionati ed esaltati. Smettila di mangiare l'immagine esasperata di cibi stereotipati: apprezza l'odore, il tatto e il sapore spesso poco delicato di quelli originari.

Facciamola finita di fare sperare che una formula o una procedura di nuova formula sostituisca la fatica del gesto, perché lo farà solo con una fatica ancor più frustrante che in compenso non servirà a nessuno, visto che da un pasticcere che ti venda una torta al supply chain non andresti a far merenda.

Infine, attenzione al semantic web e a quello che gli gira attorno: appiattirà il mondo facendo di noi niente più che dei polli d'allevamento attaccati alla mangiatoia di qualche piattaforma.

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