19 gennaio 2012

Mele Brunette nella cartella

Fra meno di un'ora Apple svelerà i suoi nuovi progetti in ambito educational. Poca attenzione è stata data sul web e sulla carta a questo evento che, invece dei soliti centri per convegni, si svolgerà al Guggenheim Museum di New York, come per indicare il preciso significato culturale degli annunci che seguiranno. La ragione di questa disattenzione sta nel fatto che la gente da Apple si attende nuovi iPhone o iPad o piuttosto Mac, ma non noiosi libri di testo, come invece sembra si tratti.

Il mercato dell'editoria scolastica dà da mangiare a molte ditte svuotando le già povere tasche delle famiglie ogni anno di cifre cospicue, essenzialmente grazie a riedizioni irrisorie ad acquisto forzato.

Il settore degli e-Book scolastici in USA ha già un player di tutto rispetto in Amazon e la concorrenza di Apple non può che fargli bene. Da un lato perché può abbassare i prezzi e se i libri di testo fossero alla stregua delle App beneficierebbero di aggiornamenti più frequenti e nuove edizioni comprese nell'acquisto.

Dall'altro, l'indiscrezione che oggi potrebbe essere presentata una versione del noto programma di composizione musicale di Apple GarageBand tutta dentro un e-Book ci fa pensare che un grande spazio venga dedicato alla release 3 del formato ePub, con l'integrazione del codice HTML5 con tutto il suo portato multimediale che potrebbe soddisfare le aspettative di Al Gore che in questo filmato mostra quale dovrebbe essere il modo di fare cultura.

 

Nel frattempo Wired riesuma un'intervista in cui Steve Jobs fa presente che quello che non va nell'educazione (dovuto soprattutto all'ipetrofia burocratica) non può essere riparato dalle tecnologie.

E pensare che Jobs guarda allo scenario statunitense, dove i Brunetta con i giocattoli-netboocaioli per scolari che a casa hanno tecnologie infinitamente più avanzate e le faraonicamente inutili lavagne elettroniche piazzate qua e là fanno finta di fare innovazione in realtà che ancora ignorano l'esistenza di server e wifi.

La questione nodale sta nelle liberalizzazioni, da un lato, e nelle lobbies che le impediscono, dall'altro.

Quelle scolastiche sono fra le lobbies più potenti per estensione e l'indotto editoriale dove la mano destra lava la sinistra e tutte e due eccetera, eccetera è fra le più intoccabili.

E pensare che l'autopubblicazione iniziata da Lulu, poi dal gruppo L'Espresso, da Amazon e ora anche da Feltrinelli potrebbe consentire delle vere innovazioni negli indirizzi di studio. Ma ci penserà un'altra legge Levi bi-partisan a bloccare anche questa possibilità di liberalizzazione.

Per i giovani ormai spendere soldi in consolle e videogiochi non è più un tabù nella maggior parte degli strati di popolazione: figuriamoci avere un tablet che si trova a partire dal "cento euro".

È vero che a rinforzare il problema la lobby degli insegnanti frena per il timore di essere costretta ad apprendere qualcosa di nuovo e di andare al passo con i tempi invece di vivere di rendita per quegli studi obsoleti condotti una quarantina d'anni prima della meritata pensione.

Il fatto è che se anche dovesse prendere piede l'affermazione dei libri di testo, ci sarebbe subito la coda dei marpioni della spaghetti-innovazione a trasformare l'olio d'oliva in rifiuto tossico.

Proprio ora che chiudo il pezzo la conferenza va ad iniziare. Seguiamola meravigliati e delusi, tanto da noi quel che propongono arriverà magari per i nostri nipoti e chissà come…

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