22 giugno 2010

Il succo dell'esistenza

Scrivo questo post perché stanotte ho sognato Paolo Conte. "e a noi che ci frega", replicherebbe chiunque dotato di buon senso: come dargli torto?
Insomma mi cantava una lunga canzone su quello che contava nella vita che si concludeva dicendo che uno sbadiglio o uno starnuto sono una buona ragione per vivere senza tanti ideali fasulli.

Effettivamente, per il resto della mattinata mi sono ripassato mentalmente la parabola dei talenti chiedendomi se vivere per uno starnuto o uno sbadiglio non fosse sprecare i talenti. Dopo tanti anni a correre dietro a obiettivi di volta in volta "importanti" e aver visto loro cambiare più volte aspetto, devo ammettere che Conte non aveva del tutto torto e che anche scrivere questi post non vale molto di più. Un giorno, forse anche molto prossimo, i nostri scritti finiranno tutti come le mappe dei cartografi dell'Impero di Borges trascinate dal vento del deserto e usate dai mendichi. Del sapere del passato non ci è rimasto certo molto e la Biblioteca di Alessandria s'è portata dietro nel fuoco forse più di quanto non si sappia oggi.

Questo non vuol dire che sia tutto inutile: tutto può avere un valore nel qui e ora della relazione fra me e te, anche se poi come tutta la polvere anche i nostri resti verranno portati dal vento. Nulla ha senso per essere conservato, non la reazione nucleare e neppure gli esperimenti del CERN o la clonazione delle pecore.

La morte è un elemento di benessere, anche se per la mia e quella dei miei cari farei un'eccezione, tuttavia il passaggio di testimone nel divenire a spirale delle esistenze ha un'indubbia importanza che non è questo il momento di approfondire.

Voglio piuttosto annotare le ragioni che oggi come oggi potrei addurre per le quali vale la pena lavorare in questa vita, evitando termini ambigui come quello dell'amore che forse ci spiegherà Maitreya, il Buddha che verrà:
1) avere, essere importante, correre dietro a esperienze e piaceri non vale la vita perché si tradurrà alla fine in sofferenza, esattamente come altre malattie: allora il primo obiettivo è sconfiggere la sofferenza!
2) la sofferenza trae origine nell'egoismo che a sua volta si basa su un cattivo assioma linguistico: la prima persona singolare dalla quale derivano tutte le altre; il secondo obiettivo è dunque cancellare l'errore dell'Io.
3) Questo errore dell'Io ha generato un apparato di pensiero e scientifico, ma anche sociale, politico ed economico profondamente errato e che farà riesplodere tutto a meno di un miracolo fra non molto: il terzo obiettivo è dunque costruire un mondo solidale non solo verso gli uomini, ma nei confronti di tutto quanto ci circonda: vivere meglio nel rispetto della massima sostenibilità è il terzo obiettivo.

Alla fine la vita potrà apparire un paradosso: si vive per superare il bisogno di vivere e le condizioni di fondo dell'esistere stesso: ma non è forse vero che bisogna consumare i desideri e gli errori nel fuoco alchemico del divenire per conquistare finalmente la pace, per divenire dunque ciò che si è sempre stati?


-- Postato con BlogPress dal mio iPad

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