16 ottobre 2009

Suicidi francesi: la cultura ha tempi lunghi

L'ondata di suicidi e tentati suicidi che sta affliggendo France Telecom e con essa la pragmaticamente coesa società francese non dà segno di interrompersi nonostante la fuoriuscita del vicepresidente tagliatore di teste e l'accordo sindacale.

La questione stupisce molti perché alle mentalità sbrigative dei manager viene fatto di pensare che, cancellata la causa, la malattia dovrebbe passare da sola.

La spiegazione della questione è duplice:
  1. la causa non solo non è stata cancellata, ma neppure compresa
  2. le ferite della cultura d'impresa richiedono molto tempo per crearsi, ma ancor più per rimarginarsi


Sulla prima questione ci sarebbe molto, se non troppo, da dire; ma di tutti gli aspetti che si potrebbero tirare in ballo uno emerge chiaramente: la crisi di ruolo di quelli che un tempo venivano chiamati colletti bianchi e che oggi sempre più spesso vengono definiti manager. Negli USA - e non solo - si assite ad un diffuso rigetto del personale ad essere promosso a manager: alta responsabilità, forte esposizione a tutti i rischi, insostenibile pressione nervosa, ridotta vita sociale, disponibilità incondizionata verso aziende di cui non si comprende più il significato. Sono rimasti gli unici a dovere tutelare il funzionamento dell'impresa e a fare al contempo il boia (nei confronti dei dipendenti e della politica interna) e l'impiccato (questa va da sé). La deprofessionalizzazione e l'asservimento forzato e umiliato dei livelli intermedi crea una ferita narcisistica difficile da sanare e presto scompariranno in uno dei due modi possibili: per semplice estinzione; per cinismo strumentale (una nuova generazione di incompetenti incursori da rapina).

Sotto si trova una popolazione sofferente, ma che in qualche modo ha una coesione e una tutela sindacale e giuridica giustamente attenta a sé stessa; sopra un top management più che mai autoreferenziale che cade sempre in piedi, facendo gli interessi, oltre che della propria bulimica pancia, non più dell'impresa, quanto del sistema di potere e degli azionisti, e che, passando da un incarico all'altro, trattano ogni impresa come la stessa impresa.

È quello che Schumpeter intendeva quando sosteneva che sarebbe stato il governo dei top manager a fare affondare il sistema capitalistico basato sul profitto fine a se stesso.

Arrivando alla seconda questione dovremmo avere chiaro che l'impresa pone le fondamenta sulla propria cultura che rappresenta l'asset più importante su cui possa contare, seguito dal brand. La cultura di un'impresa è la sua riserva, la capacità di assorbire gli urti e reagire alle difficoltà improvvise. È paragonabile al sistema reticolo-endoteliale, le difese profonde, nel corpo umano, oppure alla personalità, a livello psicologico. Prima di intaccare questi livelli bisogna passare per le parti più superficiali e ignorare molti allarmi di sicurezza. Uno degli ultimi, l'ultima sottile pellicola, è il deterioramento del clima relazionale e dell'autostima identificativa. Recedere in questa fase è già impegnativo, ma quando si intacca la cultura soggiacente si è prossimi all'autodistruzione.

Ad autodistruggersi in France Telecom sono i livelli intermedi. Perché?

L'elemento evidente è l'estrema violenza anche raccapricciante delle azioni: come Mishima per protesta della perduta dignità nipponica, anche qui si assiste a harkiri, oltre a lanci dai cavalcavia, fino alle "semplici" impiccagioni. Sono gesti di estremo odio, dimostrazioni di disprezzo e manifestazioni di ingiustizia.

Perché, dunque, non possono venire espressi più esplicitamente?

La situazione richiama il concetto già incontrato altrove di double bind introdotto da Gregory Bateson e dal gruppo del Mental Research Institute di Palo Alto.
L'affermazione "Sii spontaneo!!!" è un doppio obbligo, quello dato dall'imperativo, cui bisogna obbedire, e quello del compito che è reso impossibile proprio dal carattere paradossale dell'imperativo.
Un po' come il bambino, spinto a dormire dai genitori che vogliono appartarsi privatamente con il messaggio "Vai a letto che sei stanco!", non può svelare il contenuto, ovvero il meccanismo che pure conosce, pena di contestare l'autorevolezza del messaggio, inimicandosi così i genitori, così gli intermedi non possono esprimere il loro pensiero, se non vogliono contraddire il mandato che hanno ricevuto e che li identifica senza neppure la speranza di essere ascoltati ad altro livello dove vengono visti per il ruolo che ricoprono e non per i contenuti che possono esprimere.

Lo schema è semplice se comprendiamo che la comunicazione ha uno statuto diverso dal comunicato, la notizia dall'informazione contenuta, il veicolo dal passeggero.
La situazione di doppio legame si verifica quando il primo livello contraddice il secondo nella stessa affermazione, all'interno di una situazione in cui questo paradosso non può essere manifestato, pena un conflitto che mette in serio pericolo i valori cui si sta aderendo e quindi la propria identità stessa.

Le ferite culturali in un'impresa quasi sempre generano tumori. La cura è difficile e quasi sempre è inevitabile la resezione chirurgica pur senza alcuna assicurazione di guarigione.

La nemesi delle vittime, come spiegano bene le Costellazioni Familiari di Hellinger, entrano nel patrimonio genetico e sono volontà mai spente di vendetta che attraversano le generazioni, fino ad un non sempre facile atto di perdono e di penitenza sociale.

Cfr. sempre qui: "Anomia, La doppia faccia del suicidio sociale"

14 ottobre 2009

Panem et circenses

A cavallo dell’inizio secolo un grande esoterista, Rudolph Steiner, dopo aver curato la biblioteca di Goethe e di Nietzsche, ha battezzato la sua scienza dello spirito applicata “Antroposofia”.

Rispetto ad altri saperi esoterici, questo ha generato applicazioni concrete in moltissimi ambiti del sapere: dalla pedagogia (ispirò quella montessoriana), alla medicina (ancora oggi viene sempre più usata), all’alimentazione e l’agricoltura (l’alimentazione biodinamica fu insegnata da lui), all’arte, l’architettura, e così via. Alcuni anni fa un commentatore tutt’altro che spiritualista del Sole 24ore in un fondo sulle teorie macroeconomiche sostenne che l’unica a non venire smentita nel corso dei secoli è proprio quella di Steiner. Esiste un tratto comune in tutte queste applicazioni, ed è il modello della triarticolazione. Si tratta di una concezione originale tutt’altro che semplice da illustrarsi in poche righe. Diciamo che l’uomo (e non solo lui) ha bisogno di rappresentare ed essere rappresentato come articolato in 3 parti: 3 sono i corpi (quello fisico, quello eterico e quello astrale), 3 sono le fasi evolutive (l’incarnazione, la maturità e la disincarnazione), 3 le energie psichiche (volontà, empatia e astrazione) 3 le funzioni (sistema metabolico - assimilazione, sistema ritmico – respirazione/circolazione e sistema nervoso-sensoriale – consolidamento).

La tendenza dell’uomo storico è quella di fare scomparire un elemento – in genere quello centrale – della triarticolazione, essenzialmente per semplificazione, comodità, stupidità… Così fu durante il Concilio di Nicea quando lo spirito e l’anima vennero considerati sinonimi, così il modello borghese-idealista di Hegel e poi quello comunista Marx che si basavano sulla dialettica (il principio del 2-“dia”). Così nei modelli aziendali dell'impresa piatta che ha cercato di rimuovere le linee intermedie tra decisore ed esecutivo; l'età intermedia fra il vecchio e il neoassunto, la funzione intermedia fra economica e produttiva, il pensiero intermedio fra dato e agito, e così via. Così nell'attuale governance tra legge e cittadino.

Nelle conferenze del primo decennio del secolo scorso, Steiner spiegava che, a fronte delle più che giuste istanze di giustizia e rivalsa dello spirito popolare, la risposta marxiana era in tutto e per tutto speculare, ma proprio per questo strutturalmente identica a quella della borghesia e per questo avrebbe generato un modello complementarmente identico a quello del profitto capitalistico. Il dualismo può generare solo conflitto, dubbio e paralisi. Non per niente l’esegesi del termine “diavolo” si fonda sulla radice etimologica del “due” (diavolo significa essere originato dal doppio e quindi un “essere doppio”, falso per mancanza di autenticità – dell’unicità dell’ “uno” unico – di cui il 3 della triarticolazione è la manifestazione, il funzionamento dinamico).

Questo modello, non proprio semplicissimo da comprendere, risulta più chiaro se integrato nella rappresentazione che Steiner dà della figura cristica. Molto del suo pensiero si innesta in quello teosofico dell’800, rispetto al quale si differenzia soprattutto per l’inserimento della figura di Cristo che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli attirò più di ogni altro esoterismo l’ostilità della Chiesa cattolica, da sempre radicata sul 2.

La Storia sia per l’interpretazione dello Stato che per quella della Chiesa, è da sempre vista come fondata su due poteri: quello temporale (soldi e armi per soggiogare la libertà dei singoli) e quello spirituale (re-ligione come vincolo, legame che tiene uniti e al contempo schiavi). Una rappresentazione che ha un unico antagonista politico: il pensiero degli anarchici, contrari tanto allo Stato che alla Chiesa. Questo tipo di rappresentazione è una forma di prigionia proprio perché basata sul conflitto, sulla negazione e sull’illusione: “o con me o contro di me” che in realtà produce lo stesso risultato, quello dell’alternanza funzionale e complementare. Non è un caso che le Brigate Rosse avessero nel loro mirino, non tanto i "ricchi" quanto i contesti di mediazione, in maniera analoga a quello che fanno i potentati economici nei paesi poveri.

Dal punto di vista economico e politico la rimozione del terzo prende corpo in due principi apparentemente antitetici, ma intimamente complementari: il sistema del profitto (da non confondere con quello economico che è tutta un’altra cosa) e quello della norma – l’impresa e l’istituzione, la speculazione e la burocrazia.

Finché l’uomo si agiterà su questi binari sarà eternamente prigioniero dell’aspetto sociale del velo di Maya, della malia, del “panem et circenses” del tifo nel derby, dei nazionalismi, dell’intolleranza e dell’autoritarismo, nella speranza di un’evoluzione che afferma invece una paralisi di schiavitù.

In questo momento storico, mentre i paesi con una democrazia più matura stanno superando il dualismo politico con i governi di larga intesa, il nostro parlamento sta riaffermando il principio del due, ovvero l’illusione di un’alternativa. Questa è una tecnica nota nell’ipnosi per distogliere il paziente dalle sue attenzioni o dalle sue convinzioni, ma è sostanzialmente la stessa usata da illusionisti e truffatori quando ti fanno concentrare l’attenzione su un punto di interesse, mentre l’azione vera avviene in un altro luogo. Finché saremo costretti a tifare fra falsi fascisti e falsi comunisti, fra imprenditori e istitutori, fra il potere dei soldi e quello delle leggi, fra azione e regola, fra speculazione e burocrazia non potremo far altro che finire prigionieri del doppio, del diavolo, dell’illusione.

Per tornare a Steiner, egli sosteneva che il Cristo, al di là del personaggio storico, rappresentava il punto di incontro fra due istanze antitetiche, in quanto tali, diaboliche che egli chiamava il principio luciferico e quello arimanico (identificato con il Mefistofele del Faust di Goethe).

Il primo rappresenta l’ambizione di essere Dio, di superare la propria condizione storica e di ascendere alla divinità. Molto spiritualismo del nostro secolo si fonda su questa irrazionale presunzione che storicamente origina rigidità, autoritarismo, intolleranza, la stessa dei vari integralismi religiosi e delle violenze ideologiche. Il principio luciferico attira verso l’alto, alla negazione della vita e dell’incarnazione nella materia, al suicidio religioso, alla guerra santa o rivoluzionaria per la quale l’individuo non ha senso, è carne da cannone finalizzata alla causa o al principio: anche il marxismo e il leninismo condividono intimamente il detto di Hegel secondo il quale i campi concimati dal sangue dei morti nelle guerre tornano ad essere più fertili di prima.

Al contrario, quello arimanico tira verso il basso, verso la pancia, verso il possesso, verso il ritorno alla materia a discapito dei principi spirituali. Sembra paradossale quanto si somiglino le istanze borghesi con quelle socialiste: le prime inneggiano a valori spirituali e praticano il dominio materiale, i secondi il “materialismo” storico e praticano l’autoritarismo normativo. Gli integralisti si fanno forti dei capitali delle Borse capitalistiche che ringraziano, mentre le multinazionali dell’energia o degli alimenti sfruttano le instabilità politiche sudamericane e dei paesi poveri in genere. In realtà sono le due facce della stessa medaglia senza che una delle forze ostacoli sostanzialmente l’altra a patto di evitare un’ingerenza comunque impossibile. Come il sole e la luna, la notte e il giorno si alternano, l’uno non può mai stare del tutto (ma nel giorno esistono le ombre e nella notte la luna e le stelle) dentro l’altro, quando invece il regno dell’uomo è nell’alba e nel tramonto, la terra di mezzo dei miti e di Tolkien.

Questo sostanzialmente dice Steiner nelle conferenze sull’impulso di Michele (l’Arcangelo che è da intendere, diversamente dagli insegnamenti dell’ora di religione, come un impulso spirituale, un’energia e una coscienza archetipica universale) all’inizio del ‘900. Diversamente dall’archetipo luciferico, Michele si contrappone all’istanza arimanico, non per antitesi funzionale, ma per difesa e affermazione; laddove il primo nega la materia assoluta in funzione di un’ambizione divina assoluta, questo afferma l’amore e il rispetto per la materia fecondata dallo spirito che di essa si nutre ricambiandola con l’evoluzione. Nello stesso tempo egli è liberazione dal Samsara, illuminazione e Vuoto (shunyata), il "cammino di mezzo" tantrico, il tempo del Buddha Maitreya.

Steiner in quel periodo mostrava come la fine del ‘900 e l’inizio del 2000 sarebbero stati il momento in cui le energie arimaniche avrebbero toccato il loro culmine e avrebbero rischiato di distruggere la cultura umana, tentata dai due principi distruttivi opposti: seppellirsi con il furbo, bulimico e grasso "Mefistofele" o bruciare con il fiammeggiante, anoressico astenico "Lucifero". Solo l’impulso di Michele è in grado di arginare questo rischio. Steiner spiegava che lo spirito dell’uomo avrebbe percorso il cammino che porta negli Stati Uniti dove le radici celtiche di quel paese avrebbero dato origine a benessere materiale, scoperte scientifiche e invenzioni tecnologiche che avrebbero cambiato la faccia della terra e la qualità della vita fino a ridosso della metà del secolo. Superato questo apice la sinusoide avrebbe invertito la direzione iniziando a pagare lo scotto di quest’evoluzione in termini di impoverimento della Cultura umana – intesa in senso antropologico più che accademico. La conseguenza di questa perdita avrebbe corrisposto ad un allentamento della coesione sociale e, conseguentemente, al moltiplicarsi di contagi morbosi, di indebolimento delle difese e di epidemie.

Quando gli fu chiesto come immaginava si sarebbe verificato l’insediamento del “Re del Mondo” Arimane, presumibilmente lo stesso con cui si confrontò Gesù nel deserto, egli rispose che se lo immaginava sotto terra, intento ad una continua attività di calcolo (che similitudine con le nostre sale calcolo sempre più centralizzate e sfuggenti) per manipolare i destini dei popoli e degli uomini.

Non cadiamo troppo facilmente nelle sue illusioni di valori e di verità! Liberi dalle ghigliottine e dal “pane e giochi”.