30 aprile 2010

Stress informatico? Accusiamo Top Manager e Funzionari Pubblici!!!

Punto Informatico riporta oggi i risultati di alcune ricerche sullo stress informatico:
"La realtà è che numerosi e persistenti problemi di natura tecnica stanno preoccupando molti utenti informatici - ha continuato lo studio - provocando in loro un'angoscia e uno stato d'ansia non certo necessari". Secondo i dati, il 94 per cento degli intervistati ha ammesso di provare un senso di dipendenza dai propri apparecchi tecnologici. Inoltre, i due terzi degli utenti avrebbe sperimentato quella che lo stesso studio definisce Computer Stress Syndrome (CSS).

http://punto-informatico.it/2870653/PI/News/usa-sindrome-stress-informatico.aspx


La verità è che nessuna delle scienze umane ha preso una posizione seria sui mutamenti del concetto di persona e di habitat intervenuti con l'informatica. Si fa di tutta l'erba un fascio essendo tipico della media di psicologi, sociologi, medici avere della materia che ormai declina in una moltitudine di pluralità solo un'informazione per sentito dire.

Gli SMS sono un fenomeno, Office un altro, un ERP un altro ancora. Quanti psicologi sanno che cos'è un ERP, un CRM o chi usa un knowledge base system?
Rispetto al verso citato ho già sottolineato che la patologia del momento è la cultura e la mentalità procedurale che sta impoverendo l'intelligenza e forse lo stesso cervello umano. Le tecnologie non possono prescindere dalle procedure essendo la programmazione stessa composta di questo materiale.

Tuttavia esistono due usi delle tecnologie: quelle che spostano la procedura nell'elettronica per rendere libera la persona e quelle che traducono l'esistenza e il lavoro in intrecci di procedure moleste che infestano l'ambiente portandolo ad essere meno vivibile di una via del centro in ora di punta alla guida di un TIR.

Creando il mito del computer cattivo si fa ad esempio sfuggire i top manager dalle loro innegabili responsabilità di genocidio intellettuale e i tronfi funzionari delle amministrazioni pubbliche delle loro incapacità di creare occasioni di socialità esterna imparando ad usare le occasioni sociali del web invece di creare costose impalcature di tipo top-down autoreferenziali.

Non i computer ma la congiura fra bourocrazia e grandi corporation sono i responsabili di una frustrazione e di un impoverimento sociale e intellettuale del quale il computer finisce per essere lo strumento di morte o di fuga a seconda di come lo si IMPARA a sfruttare.

Impariamo a diventare hacker per il top management e per i funzionari pubblici (oltre che per i parassiti accademici di questi studi anti-epistemologici)!!!

17 aprile 2010

Disidentità socio-economiche

Piano piano, ciò che si temeva si sta verificando. Incominciano ad emergere forme di alienazione derivate da una ristrutturazione socioeconomica troppo repentina.
Innanzitutto smettiamola di abusare di un termine così superficiale come quello di "crisi". Una crisi è un fenomeno ciclico che fa parte del procedere coerente di un modello: il tempo cambia e non c'è sempre il sole, quando grandina è una crisi, ma è normale nel tempo.
In questo caso è il modello che non funziona più. È come se nell'Australia l'estate arrivasse nel nostro stesso periodo invernale ma con le caratteristiche della tundra siberiana. Un pezzo alla volta i nostri riferimenti vanno a farsi benedire.
Questo di per sè non sarebbe stato così grave negli anni '60 o '70. In quei tempinla gente, appena uscita dalla guerra e dalla ricostruzione sapeva che la vita era dura e che tutto quello che ti conquistavi lo dovevi fare con sangue, sudore e lacrime. Soprattutto con inventiva e coraggio. La capacità adattiva era notevolmente superiore e con essa la consapevolezza che dovevi lottare per quello che contava e che il superfluo non era un problema.
Con gli anni '80 invece si è assistito ad una sorta di automazione dei meccanismi socio-economici. La carriera diventa un lungo fiume tranquillo per quanto pieno di contraddizioni; non si guadagna più per quello che si fa, ma per la capacità di speculare su passaggi strategici di cicli commerciali e finanziari. All'inizio queste erano opportunità e comportamenti. Poi sono rapidamente diventati elementi di identità. Essere laureato era uno status che doveva pagare di per sè. Un laureato che facesse l'operaio era un fallito. Dall'altro lato, laurearsi era molto più facile che negli anni '50.
Oggi le persone pensano ancora così, ma è il mondo che non funziona più così, giusto o sbagliato che sia.

Quello che vado affermando è più chiaro a chi conosce Berger e Luckman e la loro "Realtà come costruzione sociale", oltre al grande padre Durkheim. Provate però a pensare a delle persone che giungono in un'isola deserta e che per sopravvvivere si diano delle regole di comportamento (avete visto il film "The Village"?). A loro è noto il significato di quelle regole, ma con il passare delle generazioni quelle divengono "natura", leggi ovvie e connaturate allo stato civile, se non addirittura a quello naturale.
La messa in discussione o il sovvertimento di quelle abitudini equivale alla perdita di quelle regole. Senza regole sociali la prima e più grave conseguenza è il non sapere più dove collocare se stessi. La mancanza di una geolocalizzazione nella mappa sociale e anagrafico-valoriale. In parole povere, la perdita di identità sociale aggravata dal fatto di vivere in un mondo dove tutto è diventato troppo automatico, troppo procedurale, troppo normato, troppo etichettato, saturo di bisogni superflui che però hanno assunto un valore più determinante di quello biologico. Non è follia pensare che è più difficile rinunciare al cellulare che al pranzo. Negli anni '60 o '70 non si parlava a tavola, neppure si accendeva la TV che in molte case non c'era così come il telefono e di certo non si interrompeva il pasto per telefonare. Oggi devi convincere tu figlia a continuare gli SMS da tavola. Come potrebbero sospendere un mondo di sovrastrutture per tornare ai cosiddetti fondamentali, per far valere diritti, per tornare a costruire il mondo invece di posizionarsi all'interno di una catena di montaggio?

Psicoterapeuti, counselor, specialisti HR, assistenti sociali e tutte le professioni d'aiuto, se già non le hanno riscontrate, si troveranno sempre più spesso a fare i conti con patologie da alienazione, ovvero disidentità il più delle volte molto gravi.
Non chiamatele "effetti della crisi economica"!
Sono forme di saturazione di un modello artefatto, irrazionale e disumanizzante in cui abbiamo vissuto per almeno 30 anni.
Che cosa fare? Cercare di rompere gli schemi; ma essendo il più delle volte questo impossibile, almeno frammentarli gradualmente intervenendo con tempestività; recuperare i fondamentali; educare alla disassuefazione dal superfluo; destrutturare la mentalità procedurale; rivolgersi ad altri valori che non siano il successo o la carriera; recuperare la contiguità fra l'azione e il risultato; restituire la socialità del filò contro quella dell'istituzione sociale. Soprattutto tornare a scoprire il significato della morte, perché alla fine è solo quello a restituire dignità al vivere in una maniera, per quanto soggetta a tutte le fedi possibili, in maniera totalmente inopinabile.

-- Postato con BlogPress dal mio iPod Touch

15 aprile 2010

E poi hanno anche il coraggio di lamentarsi della pirateria!...

Cina, la vita sacrificata a Microsoft
Un report statunitense racconta le condizioni disumane di migliaia di lavoratori asiatici. Schiavizzati per assemblare mouse e console. E Redmond interviene, promettendo inchieste e misure risolutrici (...)

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11 aprile 2010

Non chiamatelo più "computer" - IBM e iPad: un cambiamento epocale

Nell'84 Apple, nel primo spot del Macintosh, faceva scagliare a un'olimpionica il suo martello contro lo schermo di un grande fratello simboleggiante lo strapotere sbiadente di Big Blue. Questo gesto avrebbe segnato l'inizio del computing creativo e interattivo e quello della fine dell'IBM che tutti conoscevano. Praticamente dimentica del business elettronico e orientata sulle soluzioni, la rivale di un tempo diventa oggi la prima stakeholder del mercato verticale del nuovo anti-PC di Cupertino.
Certo, non ci sono solo loro. Come abbiamo già riportato (anche di IBM avevamo fatto cenno), molti sviluppatori indipendenti accanto a nomi noti da SAP a Oracle a Citrix (quasi tutti presenti con iPhone Apps) hanno dato segno di interesse per il protetto di Jobs. Tuttavia, IBM sembrerebbe pronta a scendere in lizza nonappena iPad sarà veramente presente e collaudato su tutti i principali mercati con propri sistemi gestionali e applicazioni verticali: un settore che potrebbe rivelarsi la vera sorpresa, a dispetto dell'interesse mediatico rivolto al solo settore consumer.

E in Italia? Qui di innovazione si parla solo: la scuola, la sanità, l'editoria, la ristorazione… tutti settori in cui vince la solita logica lobbistica dei soliti pochi noti.
Però questa volta si potrebbe pagare molto caro questo ritardo di attenzioni.

Stiamo pronti dunque. Non solo sviluppatori e sistemisti, ma soprattutto presidi, insegnanti, giornalisti, editori (scolastici prima di tutto), direttori sanitari, manager, formatori, persino quasi gli avvocati!
Qui c'è lavoro per voi: vince il primo arrivato. Non solo per gli informatici: finalmente per i professionisti, gli autori, gli esperti. A patto di cambiare finalmente prospettiva: fuori dal coro dei conservatori vintage passatisti come pure dei geek tecnologico-modaioli o smanettoni del chip e ciop. Per tutti una raccomandazione:
- Non chiamatelo più "computer"!

http://mobile.forbes.com/device/article.php?CALL_URL=http://www.forbes.com/2010/02/11/ipad-iphone-apple-technology-cio-network-ibm.html?

http://www.ipader.it/tag/ibm-ipad

http://www.macitynet.it/macity/articolo/IBM_scommette_sulliPad/aA42259

http://iphone.appleinsider.com/articles/10/02/12/ibm_plans_lotus_for_apple_ipad_e_reader_eye_strain_explored.html#-1-0

-- Postato con BlogPress

05 aprile 2010

Contro la mente procedurale

Negli allevamenti automatizzati il mangime viene erogato ad orari stabiliti, magari anche la musica si attiva a tempo e le uova scorrono negli appositi scivoli. La vita della gente in questi tempi arimanici scorre regolare automatizzata. Non sono i computer a renderla così ma una mentalità, quella procedurale elevata alla massima potenza dalle piattaforme (ERP per primi) di una certa informatica figlia di Von Neuman e non certo di Wiener. La procedura è positiva quando serve per non dovere pensare sequenze già consolidate come se fossero ogni volta nuove. Il fatto è che, per evitare di scegliere e di pensare, si finisce per prendere in considerazione solo le situazioni per le quali esista una procedura. Così ragionano le istituzioni. Così prospera la corruzione. Così si stritola il diritto del singolo e del debole. Così si uccide l'originale. Così si diventa ciechi verso il nuovo. Così si perde l'uso dei sensi. Così si appiattiscono e si involgariscono i gusti. Così si sclerotizza la civiltà. Così ci si ammala, si ghettizza, si odia, si muore nella totale stupidità del tripudio della mente procedurale, il silenzio del bello e del buono.


-- Postato con BlogPress dal mio iPod Touch