09 febbraio 2009

L'etica delle crisi

Si sa ma non si dice che, durante i grandi cataclismi, per ogni cento sfortunati che perdono tutto ce n'è almeno uno che costruisce la propria fortuna. È stato questo il caso di molti terremoti, dal Belice al Friuli.

Un fenomeno simile si verifica durante le crisi economiche, compreso quella terribile di Wall Street del '29.

Canetti racconta di quel sovrano che, avendo raggiunto un potere assoluto, cominciava a sospettare che sempre più persone tramassero nei propri confronti. Dopo avere giustiziato il giustiziabile, decise di tagliare la testa al toro e di fare evacuare completamente la città sparando fuori a cannonate gli irriducibili, fino a potere contemplare i tetti della città privi di alcun segno di vita. Considerazioni simili a quelle del Generale Kurtz nel meraviglioso monologo di Marlon Brando alla fine di Apocalypse Now.
Homo homini lupus, sentenziava Hobbes, per il quale l'unico vero deterrente all'autodistruzione sarebbe il contratto sociale che, lungi dal mutare la natura della specie, realizzerebbe una tregua continuativa.

Non tutti la pensano così. L'altro lato della medaglia sostiene che la solidarietà sia alla base dello sviluppo civile che si regge sul reciproco operato, ovvero il lavoro e la creatività inventiva umana. La cultura contro la natura.

Non appartiene certo a questo filone la logica economica che basa tutto sulle leggi giusnaturalistiche del mercato.

È vero che il mercato segue un principio automatico di natura, la legge dell'adattamento meccanico fra domanda ed offerta, ma è anche vero che le leggi di natura sono del tutto sfavorevoli alla civiltà della nostra razza e a tutto ciò che noi riteniamo abbia valore. E i soldi non ne hanno in se stessi, ma caso mai in quello che consentono di fare, ma questo non dipende dalle leggi di mercato. La città costruita in mezzo alla foresta tropicale dopo avere raso al suolo la vegetazione circostante, non appena verrà abbandonata dall'uomo finirà in breve tempo divelta e seppellita dalla vegetazione che si riprenderà il mal tolto.

Per molte popolazioni la caccia non era altro che la vittoria sulla paura che scaturiva dalle mille minacce che la natura serbava per l'uomo. Impauriti, intimoriti nelle loro grotte erano gli scimpanzé di 2001 Odissea nell spazio. La paura è l'emozione archetipica della condizione umana e la civiltà rappresenta l'ultimo vero baluardo nei suoi confronti che le leggi di mercato vorrebbero distruggere a favore di una condizione ecologica di azzeramento e di distruzione della volontà e del libero arbitrio.

Diceva Gargani che il pensiero e quindi il sapere "è una paura che si è data un metodo". Anche l'economia dovrebbe esserlo.

La concentrazione del potere e delle risorse su un numero sempre inferiore di persone, gradualmente porterà a quell'anticamera di morte spaventata descritta da Canetti.

Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. Questa legge indiscutibile, che per molti ha un retrogusto pessimista, letta nell'altro senso ha un valore senza pari: non c'è bisogno di essere indispensabili, ma è molto importante rendersi tutti utili per quello che si è in grado di fare. Credere il contrario è pura follia e morte della specie.

Questo è il caso della crisi attuale. Giornali, telegiornali, amici, colleghi… non passa giorno che tutti ci si ricordi reciprocamente che c'è la crisi e che bisogna rassegnarsi. C'è poco da fare!

Gridare alla crisi ha quindi l'indubbia utilità di legittimare quanto di peggio potrà accadere senza trovare resistenza, perché si tratta di un'informazione condivisa nell'Universo Simbolico (come avrebbero detto Berger e Luckman) a cui apparteniamo. Tutti dicono che c'è la crisi e quindi la crisi è vera e non ci si può fare nulla. Durerà per anni e anni e prima o poi colpirà anche me.

Tutto ciò legittima le imprese, che pure contemporaneamente attingono al patrimonio di tutti e soprattutto delle generazioni future, ad adottare ristrutturazioni preventive. Ovvero, i soldi li guadagno e anche tanti, ma se approfitto del fatto che tutti credono nella crisi, potrò licenziare, abbassare gli stipendi, terziarizzare, speculare, chiudere le country e ricattare il consumatore, evadere le tasse e quant'altro, senza che nessuno abbia da eccepire o da chiedermi conto delle mie azioni, perché - si sa - c'è la crisi!!! Così ragiona la maggioranza, da Microsoft a FIAT, passando per banche e manager, come quelli che in USA protestano perché Obama pone la condizione che, se appartengono a quanti ricevono le sovvenzioni statali, non devono percepire stipendi superiori ai 500 mila dollari!!!

Come dar loro torto, c'è la crisi, è vero, ma per i manager USA c'è il libero mercato.

Uno di questi in un qualsiasi paese del libero mercato pose ad un suo collaboratore la domanda se, da pater familias, lui avrebbe pagato per l'operato di uno come lui, specie in un periodo di crisi come questo. L'altro rispose di sì. Avrebbe anche potuto rispondere di no, ma allora prima di licenziare lui, avrebbe dovuto licenziare tutti i suoi capi, la cui attività sta nel coordinare gente che non c'è più, lavoro che non si fa più e che, anche se si facesse ancora, sarebbe più facile ed economico da autogestire. In più, quanto più si sale di gerarchia meno si sa lavorare (essendo l'unico talento quello di fare girare i soldi nel modo stesso che ha provocato la crisi e le perdite dell'azienda a fronte della decadenza del lavoro) e più si costa per fare male.
Allora il capo ribatté che, ragionando così l'azienda sarebbe rimasta senza capi, senza top manager, senza amministratore delegato, senza presidente… L'altro rispose, parafrasando Gaber, "un'azienda senza niente è più leggera!" Non è forse questo quello che contrabbandate? Nessuno è indispensabile".
"Ma in questo modo non esisterebbe più l'azienda, ribatté il manager, e neppure i suoi dipendenti."
"Neppure l'azienda è indispensabile. Ce ne saranno altre pronte a fare il suo lavoro. E, se anche così non fosse, l'uomo potrebbe vivere in qualche modo comunque. E se anche così non fosse, gli uomini potrebbero morire, la specie intera estinguersi. Neppure la specie è indispensabile. Neppure i tuoi figli lo sono."
"Ma dove li metti gli azionisti e la legalità, dove la metti?"
"Pochi secoli fa non esisteva la borsa e, andando un po' più in là, neppure la legge. Per vivere o per uccidere non serve tutto ciò".
"Ma tu ragioni come un nihilista, come un terrorista!"
"Già, è vero, siamo in uno stato in cui in nome del terrorismo si possono intercettare le telefonate e fare ben di peggio, mentre nei confronti di chi truffa, chi evade, chi riduce alla miseria le persone per aumentare la propria già smisurata ricchezza non si può fare nulla. Anche se il terrorismo può avere ucciso qualche centinaio di persone, mentre la disonestà legalizzata ne ha uccise a milioni."
E quindi il collaboratore terminò: "No, guarda, io penso proprio che uno come me o come un altro lo pagherei e pagherei il lavoro fino a che non mi restassero altro che i soldi per campare, perché con l'operosità di tutti, non solo io, ma soprattutto i miei figli vivrebbero meglio, mentre con quattro lire o quattro mila miliardi in un paradiso fiscale avrei merda in cambio di distruzione.
"Forse tu non la pensi così, ma non sarai tu quello che assiste all'esodo dalla città verso la miseria e la morte. Se comunque pure dovessi essere tu quello, da quel momento in poi potresti non avere altro da fare che metterti uno specchio davanti al letto per guardarti ogni giorno diventare sempre più vecchio e infine assistere alla tua morte senza neppure chi ti somministri la morfina per non soffrire. Dopo di te, finalmente un sereno nulla darwiniano"

Nessuno è indispensabile!!!

(oppure tutti possiamo essere utili: non c'è una verità - solo una scelta e una volontà!)